Tra i vicoletti della Catanzaro di un tempo, crocevia di storie e incontri, ci sono piccoli spazi conviviali che somigliano più a salotti che a locali: qui l’atmosfera è raccolta, calda, autentica. In questi luoghi, l’aggettivo “piccolo” non è un limite, ma un valore aggiunto che trasmette familiarità e accoglienza.
La filosofia dei salottini del centro, Rorò di Umberto Arabia , Vicolo - Speakeasy di Gianluca Fregola e Tiny House di Laura Crescenzi, può essere riassunta in “Small and beautiful” o, per non tendere troppo all’esterofilia, “Picciriddhu ma tuttu 'nu gioiellu”.
Entrando da Rorò, l’equilibrio riuscito tra rustico e industrial salta immediatamente all’occhio: muri in pietra a vista, antichi intonaci e pavimenti originali, luci in legno, nicchie curate e, a breve, anche la corte esterna. Un locale lasciato com’era, per amore della sua storia e della sua anima.
«L’idea è nata dalla volontà di riprendere una attività che ha chiuso da pochissimo» – ci racconta Umberto Arabia – «avevo voglia di rimettermi in gioco, forte di un’esperienza quarantennale nel mondo della ristorazione. Ho fatto un po’ di tutto: dal barman al cameriere, sempre con passione. Ora, insieme a mio figlio Francesco che mi dà una mano, porto avanti un’idea di ristorazione semplice ma curata, accessibile a tutti».
Niente fronzoli, ma qualità e umanità sono le caratteristiche che fanno del locale una gemma nascosta nel cuore del centro. «Non inseguiamo l’esclusività, anzi: vogliamo che tutti si sentano a casa. Il lusso non è il protagonista assoluto, è il convivio a fare la differenza. Voglio che le persone si sentano libere e a proprio agio. Se vieni alle 19, puoi rimanere anche fino all’una, nessuno ti sollecita a liberare il tavolo».
E in effetti le serate che organizza parlano chiaro: musica dal vivo, clienti che si uniscono a cantare, atmosfera partecipativa, quasi familiare. Un approccio autentico che si riflette anche nel menu: taglieri originali, salumi di norcineria selezionata, formaggi inusuali – come l’erborinato al cioccolato bianco o quello affinato sotto malto di whisky – e secondi piatti a bassa temperatura, sia di carne che di pesce. Niente primi, per scelta e per praticità. «Punto su qualità e sostenibilità, anche economica, per il cliente».
E tra una chiacchiera e l’altra, puoi anche sfogliare un libro o divertirti con un tris lasciato sui tavoli per passare il tempo. Una chicca? La selezione di vini internazionali, come i “cremants” francesi – i cugini dello champagne che non ci hanno creduto abbastanza – o spumanti leggeri e profumati provenienti dalla Spagna. «Cerco sempre di cambiare e rinnovare, per incuriosire e permettere a tutti di assaggiare qualcosa di diverso senza sentirsi obbligati a spendere troppo.»
Nello stesso vicoletto, pochi passi più su, c’è un posticino dove il tempo sembra rallentare, dove ogni dettaglio parla di accoglienza, dove l’offerta gastronomica è ampia, curata e profondamente legata alla stagionalità. È il Tiny House (nomen omen) di Laura Crescenzi.
Il menù, sapientemente curato da Chiara Filippis è un viaggio tra sapori diversi ma ben radicati in un’idea di comfort food che guarda al passato con un occhio moderno. Tipologie di panini che passano dal bun con hamburger, pulled pork, pollo e la variante vegetariana alla zucca, all’old style, sottile e croccante “ccu a scorza”, ritorno ai sapori semplici e schietti con wurstel e porchetta.
Accanto ai panini, le pinse, disponibili sia bianche che rosse, e un’ampia selezione di secondi. E se tutto questo non bastasse, la proposta si allarga a oltre 30 prodotti di rosticceria per soddisfare le esigenze di tutti i palati.
Anche l’offerta di bevande è pensata per accontentare tutti: oltre 80 etichette di birre artigianali in lattina e in bottiglia, alcune birre alla spina, una selezione di vini rossi, bianchi e rosati, e una drink list di cocktail classici, essenziali ma sempre ben eseguiti. L’idea è quella di non strafare, ma di fare bene, coerentemente con lo stile intimo e accogliente del locale.
Non ci sono orari rigidi, né formule imposte. «Puoi entrare alle sei per un aperitivo e restare fino all’una e mezza- racconta Laura- giocare con gli amici, mangiare, bere, chiacchierare. Qui non vieni per consumare, vieni per stare bene»
La clientela ideale? Non esiste. C’è chi viene per una cena tra amici, chi si ferma dopo il lavoro, chi torna in città dopo mesi fuori e si ritrova “a casa”. Perché questo è davvero il cuore del progetto: creare un luogo che accolga, che ascolti, che rimanga nei ricordi come un locale uscito direttamente da una sit-com anni ’90 con giochi di società e lucine d’atmosfera, un punto fermo, un abbraccio familiare.
E a questa visione aderisce anche Vicolo di Gianluca Fregola. Quella del locale, a prima vista, potrebbe sembrare una porta qualunque. Verde scuro, discreta, come quelle delle case di una volta. Ma appena varcata la soglia, si apre un mondo di gusto, atmosfera e passione creato da Gianluca e Paola (insieme al piccolo Lorenzo): un luogo in cui sentirsi a casa, accolti da un’atmosfera familiare e da una proposta che coniuga qualità e creatività.
Gli archi e le pietre originali, tipici degli edifici del centro storico, fanno da sfondo a divanetti, lampade e tavolini vintage dagli stili più disparati. Adesso a rubare la scena è il pianoforte: «è ormai il protagonista delle nostre serate, suonato da qualche cliente appassionato o durante eventi tematici con musica dal vivo. La musica, per noi, è un collante vitale: fa parte della nostra storia e vogliamo portarla anche qui, tra un brindisi e l’altro», affermano.
Il ricercato menù comprende una selezione completa di cocktail, dai grandi classici ai “signature drink” ideati, frutto di sperimentazione e di un’attenzione speciale alle materie prime.
Tra i più apprezzati, “Il Brigante”, un omaggio alla Calabria grazie alla nota piccante dovuta all’uso del peperoncino locale. È un cocktail che diventa protagonista soprattutto nei periodi di festa, quando molti ritornano per le vacanze: è un piccolo richiamo di casa, e ogni sorso è un assaggio d’identità. Un altro must è lo “Spring in Winter”, mix fresco e floreale a base di vodka con sentori di violetta e rosa, molto amato, soprattutto dal pubblico più giovane, mentre l’“Old truffle”, una rivisitazione raffinata dell’“Old Fashioned” con l’aggiunta di miele al tartufo, è dedicata a palati più esigenti e curiosi.
Anche la carta dei gin è ampia e orientata alla valorizzazione delle produzioni italiane, accanto a un’offerta curata di whisky, rum e altri distillati di qualità. Fiore all’occhiello sono i liquori della casa: «ne produciamo diversi, valorizzando ingredienti a chilometro zero e seguendo il ritmo delle stagioni: arancia, finocchietto selvatico, gelso bianco, liquirizia, melograno e il classico limoncello sono tra quelli più gettonati».
La carta dei vini è essenziale, ma ricercata: si parte da due etichette calabresi per poi offrire un viaggio tra regioni italiane selezionate, con un focus sulla Toscana e sul Salento. «Non è la quantità che ci interessa, ma la qualità e la storia che ogni bottiglia racconta».
L’aperitivo è una piccola esperienza da vivere con calma, ed è disponibile solo su prenotazione per permettere di preparare tutto al momento, con cura e attenzione. Ogni proposta può essere adattata ad allergie, intolleranze, esigenze vegetariane o celiache: «vogliamo che tutti possano sentirsi accolti e coccolati. Quello che più spesso ci dicono i nostri clienti è che qui “ci si sente a casa”. È il complimento più bello, perché è proprio ciò che volevamo assolutamente realizzare».
Locali che sono un salotto, un salotto che è casa. Dove ogni dettaglio racconta una storia. E ogni cliente diventa parte del racconto: “Cci trasi ppe casu e poi... on boi cchiù nescira”.