Un Otello differente, raccontato e “diretto” da Iago, l’antagonista dell’opera stessa, è quello che è andato in scena venerdì 7 marzo al Teatro Comunale di Catanzaro. La pièce cita il Macbeth e trae ispirazione dal Pasolini di “Che cosa sono le nuovole?”.
Lo spettacolo è inserito nella stagione teatrale di AMA Calabria, diretta da Francescantonio Pollice, nell’adattamento di Francesco Niccolini e sostenuto dall’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria – Settore Teatro.
Il classico tema della gelosia resta ben presente nell’opera, mentre si fa più sottile il profilo psicologico di Iago, che da semplice manipolatore manovrato a sua volta dall’invidia, diviene il mastermind di ogni personaggio, marionetta dai fili tagliati, di uno spettacolo che non terminerà come da lui previsto. Il punto di vista della storia si sposta quindi dal Moro a Iago, che diviene il regista della vicenda, svelando le macchinazioni atte a risvegliare gli istinti più bassi e a obnubilare la ragione. Un microcosmo fatto di vendette, ingiustizie e inganni che concede allo spettatore di immedesimarsi catarticamente nella dramma.
È Giuseppe Cederna, candidato nel 2021 ai David di Donatello come miglior attore non protagonista per “Hammamet”, a vestire i panni di Iago. Tutti gli altri personaggi sono magistralmente interpretati da Giuliana Colzi (Doge, Emilia), Andrea Costagli (Cassio), Dimitri Frosali (Otello), Lucia Socci (Desdemona), Lorenzo Carmagnini (Roderigo), Riccardo Naldini (Brabanzio, Lodovico) e Elisa Proietti (Bianca, Montano) caratterizzandoli a tratti grottescamente, a tratti intensamente.
Lo spettacolo è comunque enigmatico, lasciando in un certo senso allo spettatore il compito di trarne le dovute riflessioni. Lo stesso regista, Emanuele Gamba scrive nelle sue note: “Circondato da luci su piantane, due appendiabiti, una cassa d’attrezzeria, qualche sedia e pochi abiti, Iago - per amore di Desdemona o per amore del Teatro chissà - allestisce un labirinto, quello della mente del Moro in cui finte parole accendono passioni vere che portano dritte ad epiloghi di morte”.
L’opera, a partire dai peculiari costumi, fino alle musiche (che crescono di intensità all’intensificarsi delle scene) e alla scenografia che replica le quinte di un teatro (nel teatro!), subisce un restyling moderno che non vuole strafare: il risultato salta infatti subito all’occhio divenendo un valore aggiunto che non ne snatura il senso intrinseco.
Altro elemento di innovazione sono le scene del metateatro iniziale e prima dell’epilogo in cui gli attori, svestiti dai loro personaggi, si interrogano sul senso della vita (citando Pasolini). Ma è Iago, ancora una volta, a rimescolare le carte tra la realtà e la finzione: “io sono il cattivo, ma dico solo quello che non siete capaci di confessare”.
Anche la mise en scène della tempesta, tra lampi di luce e barchette di carta in bacinelle d’acqua al centro del palco, è al limite tra il vero e la metafora.
Lo spettacolo si chiude con la citazione tratta da Macbeth sempre dello stesso Shakespeare: “la vita è un’ombra in cammino, una marionetta che si agita in un teatrino”, dando la misura agli spettatori di tutto ciò al quale hanno appena assistito.
Anna Maria Palaia per Area Teatro - Catanzaro Centro