Il Teatro Comunale di Catanzaro, per la Stagione AMA Calabria, ha ospitato il 20 febbraio "La morte della Pizia", spettacolo ispirato all’omonima opera di Friedrich Dürrenmatt che, con ironia e profondità, offre una rilettura originale del mito di Edipo. I camaleontici attori Patrizia La Fonte e Maurizio Palladino, diretti da Giuseppe Marini, hanno dato vita a un’interpretazione vivace e dissacrante dell’opera, incarnando molteplici personaggi e “ombre” che popolano la narrazione.
La scenografia, dal sapore pop, è dominata da capitelli, libri impolverati e un grande portale, elementi che ricreano il tempio di Apollo a Delfi. Qui, l’undicesima sacerdotessa Pizia, Pannychis, ormai prossima alla fine della sua esistenza, si interroga sulla natura della verità e sul peso delle profezie. Accanto a lei, Merops e l’indovino Tiresia si muovono in un intreccio di equivoci e interpretazioni fallaci, mettendo in discussione la linearità del mito e suggerendo che la verità possa essere tutt’altro che assoluta.
Le musiche originali di Paolo Coletta accompagnano l’andamento della rappresentazione con un’alternanza di leggerezza e tensione, enfatizzando il crescendo emotivo fino al finale.

Il pubblico del Teatro Comunale di Catanzaro, coinvolto dall’intelligenza della narrazione e dalla bravura degli interpreti, ha accolto lo spettacolo con un lungo e caloroso applauso, riconoscendone il valore artistico e la capacità di stimolare una riflessione profonda.
La morte della Pizia invita a interrogarsi sulla natura della verità e su come le profezie influenzino la percezione della realtà. Nel mito di Edipo, la predizione dell’oracolo si realizza non perché il destino sia immutabile, ma perché chi la ascolta agisce in modo da renderla vera. Questo fenomeno, noto come profezia che si autoavvera, dimostra come le convinzioni possano plasmare il corso degli eventi, spingendo gli individui a interpretare i segni secondo le proprie paure o aspettative.
La verità, dunque, non è un concetto assoluto, ma il frutto di percezioni soggettive e di narrazioni tramandate nel tempo. Le parole ambigue della Pizia incarnano il potere della mente umana di attribuire significati ai fatti, scegliendo ciò che meglio si adatta al proprio vissuto lasciandoci con l’interrogativo se siamo davvero vittime del destino o, piuttosto, costruttori inconsapevoli della nostra sorte: “la verità è tale solo quando la lasciamo in pace”.
In un mondo in cui le certezze spesso si basano su racconti soggettivi, la pièce ci spinge a riflettere sul valore della verità e sul potere che le credenze hanno sulle nostre scelte. Forse, più che temere le profezie, dovremmo imparare a riconoscere le storie che ci raccontiamo, distinguendo tra ciò che è ineluttabile e ciò che costruiamo con le nostre stesse mani.

Anna Maria Palaia per Area Teatro - Catanzaro Centro