C’è qualcosa di incredibilmente bello e resistente nella naturale imperfezione che caratterizza il corpo di una donna. Quelle irregolarità, quelle pieghe, quei segni sulla pelle sembrano sussurrare che per immortalare la Grande Bellezza non serve cercare troppo in là. È ciò che ha pensato Giovanni Cabassi, artista della fotografia riconosciuto a livello mondiale, quando trent’anni fa ha scelto come soggetto di un importante lavoro fotografico la femminilità “non contraffatta dai trucchi della cosmesi e da quelli del mestiere”. Lo ha fatto ritraendo i busti svestiti di donne comuni. Affascinato dall’idea che quella parte del corpo potesse, in modo inequivocabile, raccontare uno stato d’animo, esprimere caratteri personali, pregi e difetti. E ancora che il corpo potesse diventare strumento di lotta e di pensiero. Così nelle sue cinquanta fotografie, tutte in bianco e nero, il corpo diventa protagonista di una dimensione etica, e non più (o per nulla) estetica, al punto da farsi portavoce dei problemi causati dalla mancanza di sensibilizzazione nella prevenzione del tumore al seno. Lo scopo benefico ha segnato la direzione dell’intero corpus di ritratti di donne “senza volto” che è stato raccolto in un volume dal titolo “A due dita dal cuore” (Edito da Nuova Arnica Editrice nel 1997). Un libro dalla veste grafica sobria impreziosito dai testi introduttivi dell’oncologo Umberto Veronesi e della scrittrice Fernanda Pivano.
Assecondando il desiderio di utilizzare la fotografia come mezzo di comunicazione, è nata anche un’esposizione fotografica itinerante messa a disposizione per enti pubblici, associazioni e privati disponibili a devolvere l’importo del noleggio a qualsiasi organizzazione impegnata nella lotta per la difesa dei diritti della donna.
La prossima tappa della mostra “A due dita dal cuore” sarà Catanzaro con l’allestimento, da domenica 24 novembre a mercoledì 4 dicembre, negli spazi della Galleria "Coriolano Paparazzo", nell’ambito della rassegna “La fotografia dell’umano” curata dal direttore artistico Francesco Mazza. Nel retroscena dell’iniziativa c’è proprio l’incontro tra quest’ultimo e l’autore, coinvolto nel 2019, a Matera, nel progetto “La coscienza dell’uomo” con l’articolata composizione intitolata “L’Albero. Genealogia recente di una Famiglia milanese”. Quell’occasione è bastata a entrambi per conoscersi e riconoscersi.
“Mi ha subito impressionato il compito che Cabassi aveva affidato alla fotografia per ricongiungere idealmente tutti i discendenti della sua famiglia – ci racconta Mazza –. Lo stesso tratto di fotografia dell’intimo e di partecipazione emotiva emerge anche nel lavoro che ha realizzato con le sue “modelle” coraggiose”. Il messaggio visivo potente ed evocativo ha toccato delle corde profonde tanto da indurlo a parlarne in un approfondimento pubblicato sulla rivista Phocus Magazine. Sull’aspetto tecnico scrive: “[..] eccoci alle fotografie, belle, tecnicamente perfette, scattate con un’ottica 300mm Heliar Voitglander su Polaroid 10x15cm, la fotocamera usata era un Sinar Norma così verdina e chiara da non dimostrarsi in alcun modo aggressiva. Unica fonte di illuminazione un grosso Bank a luce diffusa posto sempre a destra della modella”. Poi sintetizza il contenuto tematico dell’intero progetto così: “Le fotografie di questo libro sono buone non solo perché sono belle ma perché hanno contribuito a far parlare di un tema, quello del tumore al seno, che alla fine degli anni 90 era ancora forse poco dibattuto, le fotografie di questo libro sono buone perché Cabassi ha saputo mantenere le debite distanze da quella fotografia che deve rappresentare a tutti i costi i fattori estetici utili al risultato per piacere”.
Cabassi ha deciso di non inquadrare il volto delle protagoniste, ritratte dal collo alla vita, svestite, senza alcuno “strato” intermedio che le possa dividere o isolare dal mondo circostante. In scena sono contemplati accessori, mani e capelli posizionati in modo assolutamente naturale.
Si elimina così un elemento per evitare quell’erotismo che in fotografia deriva dallo sguardo del soggetto fotografato. Questo genere si distingue da quello di grandissimi autori come David Hamilton, Roger Corona, o il capostipite della fotografia del nudo Richard Avedon o lo stesso Gian Paolo Barbieri. “Cabassi non fa un’operazione estetica né commerciale”. Eppure il volto di queste donne lo si immagina come se avesse un’identità universale. “L’autore richiede esplicitamente che le fotografie vengano esposte una a fianco all’altra, in una sequenza serrata, quasi da avere la sensazione che tra queste ci sia un contatto diretto. Tutte vicine per dare l’idea della folla. Quella che vuole rappresentare è l’umanità intera. Sarà un allestimento forzato – ci anticipa Mazza – che si discosta dal criterio dell’esposizione per seguire il desiderio espresso da Cabassi e, allo stesso tempo, per scardinare lo schema convenzionale della mostra”.
Il fotografo milanese, vero “archeologo di anime”, regala un viaggio intimo per affrontare tematiche profonde e universali come l’identità, il corpo, il dolore, la rinascita e l’emozione umana toccando tasti che svelano la vulnerabilità e l’unicità di ogni persona. Questo lavoro risulta sorprendente ancora oggi perché è riuscito in tempi non sospetti, quando ancora il tumore al seno era considerato un tabù, a portare alla luce e in modo sincero e gentile 50 ritratti di seni di donne che si sono viste attaccate nel profondo dell’anima perché il seno di una donna è a due passi dal cuore.
Quella di Cabassi è una pubblicazione dolcemente inquietante se lo si guarda con gli occhi di una donna perché il seno, “sorgente di vita”, così come lo definisce Veronesi, è parte del corpo e della mente dell’essere donna.
Il centro culturale “Coriolano Paparazzo”, già noto per la promozione di iniziative artistiche di spessore, continua con questo evento il suo impegno per stimolare il pensiero collettivo attraverso l’arte visiva e il suo accostamento alla parola.
L’inaugurazione della mostra, fissata per domenica 24 novembre alle ore 17:30 (per la partecipazione è necessario contattare preventivamente gli organizzatori tramite email), crea un’ulteriore occasione di riflessione sull’esperienza umana della malattia e dell’accettazione del proprio aspetto esteriore senza condizionamenti dettati da sterili canoni estetici che mercificano il corpo e spettacolarizzano la donna.
Cabassi sarà a Catanzaro per l’appuntamento del finissage fissato per il 4 dicembre.
La mostra è ad ingresso gratuito e visitabile solo su prenotazione.
Rosita Mercatante per Area Teatro - Catanzaro Centro