Non è stato un uomo qualunque. Raffinato ed elegante intellettuale. Scrittore, poeta, critico, promotore culturale Renato Nisticò con il suo cuore, il suo animo e il suo intelletto ha lasciato tracce indelebili nei luoghi in cui è passato così come nelle vite delle persone che ha incontrato lungo il suo percorso. Bibliotecario della Scuola Normale di Pisa, è scomparso a febbraio del 2019 all’età di 58 anni, dopo tredici anni di forzata convivenza con una terribile malattia, la sclerosi laterale amiotrofica. Contro quell’implacabile bestia Nisticò ha sempre combattuto non arrendendosi mai, continuando a sognare e ad amare la vita.
La sua città, Catanzaro, dove ha vissuto fino alla fine degli anni Ottanta, prima di trasferirsi in Toscana, gli renderà omaggio con l’intitolazione di una panchina situata all’interno della storica Villa Margherita, all’ingresso della Biblioteca Comunale "F. De Nobili" di Catanzaro. La cerimonia si svolgerà giovedì 24 agosto, alle ore 18.30 e vedrà gli interventi del sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita, di Paolo Malacarne, medico anestesista Ospedale Cisanello – Pisa, e dell’antropologo Vito Teti.
Sarà un’occasione per ricordare la figura di Renato Nisticò attraverso la lettura di alcuni testi tratti dalle sue opere con l’accompagnamento musicale di Ettore Castagna. Non mancheranno le testimonianze di amici e colleghi che hanno apprezzato le sue doti umane e che hanno avuto la possibilità di condividere con lui tempo ed esperienze.
Tra questi c’è l’amica di lungo corso Caterina Verbaro. Le parole che la docente universitaria dedica al ricordo di Renato sono pennellate di colori accesi che compongono il ritratto di un intellettuale vivace e appassionato e di un uomo ironico che amava la vita.
“Non è mai stato un letterato chiuso tra le mura della propria stanza, ma un intellettuale che portava il proprio sapere al servizio della comunità. Il suo intento era condividere la cultura e funzionalizzarla allo sviluppo sociale. Per lui la cultura era partecipazione, crescita della società e del tessuto civile. Fin da giovanissimo ha dimostrato di essere mosso da grande passione civile e politica e ha avuto ideali forti che si sposavano con la dimensione culturale”.
Impossibile non immaginare Renato con il sorriso stampato sulle labbra: “Negli anni difficili della malattia lo ha sostenuto il suo attaccamento alla vita. Ha lottato come se avesse dentro un patrimonio che in quel momento ha saputo spendere e utilizzare. Amava vivere, divertirsi, ridere, era ironico. Era anche serio, pensoso, malinconico ma l’elemento della vitalità era quello dominante”.
Era un concentrato di energia che coinvolgeva e contagiava chi gli stava accanto anche quando la malattia lo aveva costretto a tante rinunce. Emblematico un episodio che Caterina Verbaro, amica con cui fin dai tempi del liceo ha condiviso molti interessi, tra cui quello per la letteratura, ripesca dai suoi personali ricordi: “Quando ha compiuto cinquant’anni era immobile nel letto, attaccato al respiratore e si nutriva con il sondino. Un gruppo di amici siamo andati a sorpresa a casa sua per un brindisi. In maniera simbolica gli abbiamo messo una goccia di champagne nel sondino. La sua gioia era palpabile e con il puntatore elettronico ha scritto sulla lavagnetta “Mi Mbriacastivu” facendo scoppiare tutti in una grande risata. Era sconvolgente vedere come anche in una situazione del genere riuscisse ad essere spiritoso”.
Senza mai cadere nel pietismo. “Senza sentirsi mai inferiore o di peso, con grande dignità, forza e voglia di vivere godendo di quel poco che gli era consentito come ascoltare musica, o un libro letto con gli amici o comunicare con il puntatore ottico. Ecco la grande lezione che ha impartito: si usciva dalla stanza di Renato pensando che la vita è più forte di tutto”.
Attenti Caduta Metafore, la raccolta di poesie pubblicata nel 2017 per i tipi di Donzelli editore, lui già immobile, è una testimonianza di tale combattività.
L’intitolazione della panchina cittadina deve essere intesa come un riconoscimento alla sua funzione di intellettuale, alla sua figura di combattente e al suo spirito comunitario: “La panchina ha un significato specifico. È collocata in Villa Margherita, davanti alla Biblioteca comunale con cui ha sempre avuto un rapporto speciale scrivendo anche una tesi su specifiche collezioni presenti alla De Nobili. Era un luogo che frequentava già dai tempi del liceo. Un luogo di vita, di socialità, di condivisone. È un topos molto vicino al suo spirito, al suo modo di essere, alla sua apertura verso gli altri. Un luogo di incontro e di riflessione”.
A proposito di tracce lasciate durante la sua permanenza terrena: neppure Pisa, la sua città adottiva dove ha vissuto per trent’anni, lo ha mai dimenticato. Sul monte Serra, in località “Le Porte” del Comune di Calci, è stata dedicata nell’ottobre 2019 la “Panchina dell’amore”, sull’altura dove lo sguardo abbraccia la piana pisana fino al mare. Quella panchina sul promontorio, che anche il maxi rogo del 2018 rispettò (le fiamme la accerchiarono ma non la attaccarono), porta il suo nome: “Mi piace pensare ad una specie di gemellaggio simbolico tra le due città. Quel posto gli era particolarmente caro perché era appassionato di tutto ciò che riguardava la natura, il paesaggio, l’ambiente. Camminava molto e una volta raggiunta quella cima si sedeva per ammirare il paesaggio”.
Rosita Mercatante per Area Teatro - Catanzaro Centro