Valorizzare il patrimonio della città, farlo conoscere principalmente agli stessi catanzaresi, soprattutto i più giovani, per poi trasformarlo in un potenziale economico, capace di intercettare i flussi turistici che in numero sempre maggiore scelgono l’enogastronomia. Si è occupato di questo l’incontro “La valorizzazione delle tradizioni gastronomiche locali” mercoledì sera alla Camera di Commercio di Catanzaro.
«Vogliamo far conoscere meglio il nostro territorio e lo facciamo con un pretesto, il morzello, la pietanza per eccellenza catanzarese, vessillo della nostra città – ha detto Rocco Reina, presidente del Rotary club cittadino -. Amiamo questa città, anche se può sembrare banale affermarlo, e vorremmo in qualche modo portarla avanti sempre meglio». Da qui un convegno sull’argomento attraverso diverse professionalità, come ha spiegato Francesco Bianco, presidente dell'Antica Congrega Tre Colli: «Il morzello, spesso, ci si vergogna anche a nominarlo – ha ammesso Bianco nella sua introduzione -. La trovo una cosa deprimente: non siamo capaci di valorizzare le nostre tradizioni, mentre altrove con meno, fanno molto di più. Il cibo è parte integrante di una comunità e diventa un suo patrimonio culturale, dobbiamo essere capaci di valorizzarlo: è una delle peculiarità che rendono il territorio unico e irripetibile. Non si parla solo dell’aspetto mangereccio, ma di valori che vanno oltre, se sappiamo vederli».
«Il cibo è riconosciuto come uno dei principali attrattori turistici – ha affermato nel suo intervento Angela Caridà, docente di Economia e gestione d’impresa all’Università Magna Graecia -. Un dato interessante è del report sul turismo enogastronomico: più del 13% delle scelte che un turista fa su TripAdvisor, sono orientate dalla possibilità di accedere a dei percorsi enogastronomici, perché la gastronomia è uno degli aspetti più tangibili che ci permette di comprendere la cultura di un territorio. Serve qualcuno che sappia far convergere gli obbiettivi dei singoli con gli obbiettivi comuni. Bisogna destagionalizzare: abbiamo le risorse per farlo, manca proprio il puntare sulla logica della collaborazione, quello di oggi è già un primo passo. Innoviamo il modo in cui comunichiamo il morzello – ha quindi proposto -, pensiamo ad un polo del gusto regionale che possa trovare in Catanzaro la location principale».
Dell’odore di morzello che fino a qualche tempo fa si sentiva per strada, soprattutto nella “via del morzello”, coi pentoloni pieni nei vicoli, ha raccontato poi Gian Paolo Stanizzi, in rappresentanza dell’Antica Congrega Tre Colli: «Le strettoie di un tempo erano piene di questi profumi. Certo oggi le norme sanitarie non consentono più la “caddara” in mezzo alla strada, ma piano piano si può pensare al morzello come un piatto “d’a strettoia”, più che street food».
Sull’importanza di trasmettere questi che sono dei veri e propri valori, sulla rivalutazione delle tradizioni, anche del dialetto, che il pane in ogni angolo del mondo porta con sé, si è soffermata la “lady chef” Anita Ferragina: «Il pane non è solo un veicolo di calorie, ma anche di informazioni. E’ il mezzo attraverso cui l’uomo ha dialogato col Sacro: la sacralità non va cercata in chissà quali azioni, la troviamo nel momento in cui si impasta, si cuoce, si produce il pane. E’ allora che si svolge una ritualità comune in tutto il mondo». Del resto il pane è rotondo «perché il cerchio rappresenta la vita, la continuità. E la pitta è stato il primo pane delle civiltà».
(Carmen Loiacono/Multi Cunti per Area Teatro - Catanzaro Centro)