Un’occasione da non perdere, “L’ombra di Caravaggio”, l’ultimo film di Michele Placido, con protagonista Riccardo Scamarcio.
C’è davvero da andare a vederlo, per più ragioni. Per l’artista Michelangelo Merisi, prima di tutto: sulla sua arte e sulla sua figura in quel preciso contesto storico, non si finirà mai di dire qualcosa di inedito. Per l’arte in sé che rivive sul grande schermo in una chiave nuova, letteralmente prestata alla macchina da presa. Per il particolare affresco su un passato crudo che ha ancora tanto da insegnarci. E, non per ultima, per la bellezza, umana e artistica che trapela da ogni fotogramma.
Con fotografia, magnifica, di Michele D’Attanasio, il film di Placido si concentra molto sui toni del chiaroscuro di cui Caravaggio fece il suo tratto distintivo, ma non solo dal punto di vista delle immagini tout court, perché va oltre: le stesse tele dell’artista sono dei tableaux vivants, esemplare è la creazione della criticatissima “La morte della Vergine” (1604), che viene raccontata a partire dalla sua genesi, fino alla presentazione ai committenti che non la ritennero, ovviamente, adeguata a rappresentare la Madre di Cristo.
Il racconto filmico, c’è da dire, si muove seguendo la logica investigativa di un ispettore del Vaticano, interpretato da Louis Garrel – è lui l’ombra del titolo -, incaricato di raccogliere più informazioni possibili sull’artista libertino, riottoso a ogni convenzione, accusato dell’omicidio dell’amico e rivale Ranuccio e rifugiatosi presso la famiglia dei marchesi Colonna. Ne esce un profilo corale, dettato da tutti coloro che con il Merisi avevano avuto a che fare, dalle prostitute/muse che frequentava agli accademici che ne avevano bocciato l’atteggiamento provocatorio e privo di regole, agli stessi prelati che dovevano confrontarsi con la sfrontatezza e la passionalità del pittore, talvolta ammirandolo proprio per il suo spirito libero. Placido, che per sé si è ritagliato il ruolo del Cardinal Del Monte, ha scelto un cast ricco, che oltre che sui due interpreti principali – forse i meno in forma -, conta anche su nomi quali quelli di Isabelle Huppert, Micaela Ramazzotti, Vinicio Marchioni, Gianfranco Gallo, Alessandro Haber, Lorenzo Lavia, Moni Ovadia.
Del resto il punto che pare più debole è proprio l’aver messo troppa carne al fuoco: ad intrecciarsi con la vicenda di Caravaggio, Placido – insieme a Sandro Petraglia e Fidel Signorile, la sceneggiatura è firmata da tutti e tre -, ha voluto inserire tanti personaggi storici di un certa rilevanza. Nella vita rocambolesca dell’artista ci sono ad esempio anche figure quali don Filippo Neri, Artemisia Gentileschi, Giordano Bruno, inseriti però in maniera didascalica, lasciando non poche perplessità. Così come la terminologia utilizzata nei dialoghi: ben lontana dal quella settecentesca, improponibile ai nostri giorni sul grande schermo, è parsa esageratamente contemporanea, in maniera a tratti disturbante.
(Carmen Loiacono per Area Teatro - Catanzaro Centro)