Suo è uno dei brani simbolo della generazione hippie, “Get together”, ma Lowell Levinger – che, senza età, continua a farsi chiamare ancora oggi “Banana” – è decisamente molto altro ancora.
Un vero e proprio pezzo della storia della musica a stelle e strisce, prima di tutto, che Catanzaro ha avuto l’onore di ospitare nelle stanze del Museo del Rock Catanzaro, invitato dal suo patron Piergiorgio Caruso.
E’ stato proprio il padrone di casa a introdurre l’atteso musicista, non prima di aver lasciato spazio alle letture di Salvatore Venuto – non nuovo a queste incursioni al Museo del Rock -, tratte da Ginsberg, Ferlinghetti e Piromalli.
La scena è stata poi tutta di “nonno banana”: una nuvola di capelli bianchi, camicia sgargiante a ricordare ancora una volta che lui, sì, è rimasto sempre lo stesso e che si diverte ancora tantissimo, anche a suonare da solo.
Levinger è stato infatti uno dei fondatori della band The Youngbloods, uno dei gruppi più interessanti del suo tempo, sebbene forse non abbastanza apprezzato dal grande pubblico, ma ha collaborato anche con tanti altri artisti – ricordiamo, per affetto, su tutti Little Steven, braccio destro di Springsteen -, e ha proseguito nella sua carriera anche da solista, sfornando brani di non poco conto. Che ha eseguito anche al Museo del Rock, accompagnato solo dalla sua chitarra: se l’esibizione è iniziata con “Sugar babe”, prima ancora di “Grizzly bear”, “Darkness, darkness” e la stessa “Get together”, tutti brani dei tempi dei Youngbloods, non ha disdegnato sue composizioni soliste, da “Hard times come again no more” a “East Virginia blues”, e cover più famose come “Riding with the king”, e l’ultimo brano con cui ha voluto salutare il pubblico, davvero numeroso, del Museo del Rock.
Per chiudere, Banana ha infatti scelto la celebre “We shall overcome”, il canto pacifista di Pete Seeger, divenuto nel tempo l’inno del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti.
Carmen Loiacono per Area Teatro - Catanzaro Centro