Lo spettacolo, proposto a un pubblico formato soprattutto da numerosi allievi dei tantissimi che popolano le scuole di danza cittadine, è stato un insieme di più quadri firmato dallo stesso Golding: la serata si è aperta sulle melodie di Chopin con “Stillness close” di Anna Hop, per passare poi a “Snow storm” di Possokhov su musiche di Sviridov, e “Atfer the rain” di Wheeldon, su musiche di Arvo Pärt, ma non è stato un semplice mettere insieme musica e danza.
Nell’incontro avvenuto la sera precedente nel foyer del teatro – alla presenza di molti aspiranti ballerini -, lo stesso danzatore e coreografo canadese non aveva nascosto la sua passione per il linguaggio cinematografico, ma anche per quello della musica, in primis.
Partendo dalle suggestioni musicali e dalle coreografie, Golding ha infatti disegnato un viaggio tra sogno e meraviglia sfruttando al meglio la lunga riflessione indotta dalle restrizioni della pandemia.
Fordlandia, che ha debuttato a Dortmund a settembre del 2020, è infatti nato proprio in quel lungo periodo, quando la coppia – riunita dopo mesi di lontananza -, ha potuto muoversi in palcoscenici completamente vuoti e scenari naturali mozzafiato abilmente riportati in scena, proiettati sul fondale: girata sul palco o sul ballatoio di un teatro deserto, così come nella foresta, sulla spiaggia di Zumaia – città natale di Lacarra, nota al grande pubblico per essere la location di Dragonstone, Roccia del drago, l’isola dove si trova il castello dei Targaryen nella Baia delle Acque nere del celeberrimo Trono di Spade -, l’azione è in perfetta continuità con quanto accade dal vivo in scena.
I movimenti dei due ballerini sono un rimando costante ai filmati e riescono a emozionare gli spettatori al punto che nell’apice del quarto quadro, quello della coreografia Fordlandia – di Arqués su musiche di Jóhannson, che dà il titolo allo spettacolo -, sono esplosi in un applauso molto sentito, senza aspettare che finissero le note.
Merito di espedienti scenici che hanno portato sul palco il mare, coi due ballerini intenti a danzare fra le onde, e merito della suggestione ipnotizzante della composizione delle musiche dell’autore islandese.
Ma merito soprattutto di Lucia Lacarra: con questo spettacolo a cavallo tra neoclassico e contemporaneo ha dimostrato ancora una volta quanto valga davvero il suo titolo di “ballerina del decennio” consegnatole al World ballet stars gala di San Pietroburgo nel 2011.
Linee perfette e grazia infinita, Lacarra si era raccontata in tutto e per tutto il venerdì sera lasciando poco spazio all’immaginazione: la sua vita è basata sulla determinazione, ma anche sull’umiltà, sull’essere grata per il talento che le è stato donato, e sulla certezza che è solo il lavoro sodo a portare buoni frutti e che non esiste la fortuna, quanto «le opportunità – ha detto – che si verificano. Bisogna solo essere preparati a poterle cogliere».