Così mentre la carovana di Primavera Dei Teatri ritorna nella sua consueta sede, Castrovillari, che fino al 6 ottobre ne ospiterà la restante ventiduesima edizione con una programmazione ricca di anteprime e prime nazionali, Catanzaro tira le somme delle ultime 72 ore partendo proprio dall’ultimo appuntamento in cartellone.
Ieri sera al Teatro Politeama, a chiusura di una giornata interamente dedicata alla danza, che aveva anche visto al San Giovanni “Save the last dance for me” di Alessandro Sciarroni, è toccato a “Graces” di Silvia Gribaudi e Matteo Maffesanti il compito di salutare il pubblico catanzarese. E bisogna dire che lo ha fatto egregiamente.
Le grazie del titolo sono quelle scultoree di Canova, divinità simbolo di bellezza e prosperità della mitologia greca, ma già da qui si può intendere il senso dello spettacolo: come protagonisti ci sono tre danzatori, barbuti, ben lontani dall’immaginario collettivo della “grazia”. All’insegna del capovolgimento totale, chi più chi meno, sono volutamente goffi, apparentemente non coordinati fra loro – in realtà lo sono perfettamente -, e insieme alla stessa coreografa Gribaudi, si presentano allo spettatore come una compagine sgangherata, ma brillante nello strappare risate e consensi. Graces è infatti una esaltazione della bellezza - e della grazia -, da intendere “altra” rispetto a quella canonica, ma non per questo meno esistente. L’elemento dissacrante, in Graces, poi, va ben oltre lo spettacolo in sé e arriva quasi a sbeffeggiare ciò che un certo tipo di teatro contemporaneo ricerca affannosamente: lontana da ogni intellettualismo – davvero sempre compreso dallo spettatore? -, c’è una differente modulazione dell’obiettivo delle arti performative, sebbene con continui richiami al mondo dell’arte oltre che della musica – si passa dai walzer all’elettronica in un battito di ciglia su quadri di Matisse, per esempio -, in una sorta di liberazione dal cerebralismo troppo spesso fine a se stesso.
Evviva Graces con i suoi quattro protagonisti e le sue citazioni finanche dai supereroi Marvel, allora, che riescono a far divertire – letteralmente – il pubblico presente, prima di tutto perché sono loro a divertirsi, con le loro improbabili e gioiose mimiche, smettendola di prendersi dannatamente sul serio.