๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐, ๐๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐ ๐๐ ๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐
Così si esprimeva Gianni Maria Canale nel film “Il boom” (1963) di Vittorio De Sica quando il marito, interpretato da Alberto Sordi, pressato dalle difficoltà economiche prospetta un trasferimento a Catanzaro.
Una gag fra le tante; ma vista dalla parte del pubblico che, in un’assolata domenica di fine settembre, gremisce proprio il cinema Politeama Italia di Catanzaro (successivamente demolito per far posto all’attuale Teatro Politeama), la stessa trovata gela i presenti che smettono di ridere e al termine della proiezione abbandonano mestamente la sala.
A spostare idealmente la cinepresa sulla platea è Gianni Amelio, allora giovane cinefilo presente in sala che, divenuto un regista di livello internazionale, ricorda questo e altri aneddoti in due pubblicazioni edite da Einaudi: “Il vizio del cinema” e “Un film che si chiama desiderio”. Amelio, nei due libri citati, utilizza come tema narrativo l’escamotage delle recensioni per raccontare invero una personale storia del Cinema, vista con gli occhi di spettatore/critico/regista, ma soprattutto di appassionato cinefilo e costruita attraverso ricordi, visioni, esperienze, letture, confidenze e lavoro.
Una miscela dalla quale emerge, con chiarezza e senza timore di apparire provinciale, il suo legame con Catanzaro.
Amelio, nato a San Pietro Magisano (CZ) il 20 gennaio 1945, viene rapito dalla settima arte proprio frequentando i Cinema di Catanzaro, oltre che il liceo classico Galluppi; il Capoluogo ritorna insistentemente nei suoi ricordi in numerosi passaggi dei suoi libri.
L’incipit di “Un film che si chiama desiderio” è proprio: “๐๐ ๐ซ๐๐ ๐๐ณ๐ณ๐ข๐ง๐จ ๐ฏ๐จ๐ฅ๐๐ฏ๐จ ๐๐ข๐ฏ๐๐ง๐ญ๐๐ซ๐ ๐ข๐ฅ ๐ฉ๐๐๐ซ๐จ๐ง๐ ๐๐๐ฅ ๐๐ข๐ง๐๐ฆ๐, ๐๐ข๐จè ๐ข๐ฅ ๐ฉ๐ซ๐จ๐ฉ๐ซ๐ข๐๐ญ๐๐ซ๐ข๐จ ๐๐๐ฅ ๐๐จ๐ฅ๐ข๐ญ๐๐๐ฆ๐ ๐๐ญ๐๐ฅ๐ข๐, ๐ฅ๐ ๐ฌ๐๐ฅ๐ ๐ฉ๐ขù ๐๐๐ฅ๐ฅ๐ ๐๐ข ๐๐๐ญ๐๐ง๐ณ๐๐ซ๐จ...” e ancora parlando della visione di “Sette spose per sette fratelli”: “๐๐ฅ ๐๐ข๐ฅ๐ฆ ๐ฅ๐จ ๐ฏ๐ข๐๐ข ๐๐ฅ๐ฅ๐ ๐๐ข๐ง๐ ๐๐๐ ๐ฅ๐ข ๐๐ง๐ง๐ข ๐๐ข๐ง๐ช๐ฎ๐๐ง๐ญ๐ ๐ข๐ง ๐ฎ๐ง ๐๐ข๐ง๐๐ฆ๐ ๐๐ข ๐๐๐ญ๐๐ง๐ณ๐๐ซ๐จ ๐ฉ๐จ๐ฆ๐ฉ๐จ๐ฌ๐๐ฆ๐๐ง๐ญ๐ ๐๐ก๐ข๐๐ฆ๐๐ญ๐จ ๐๐ฎ๐ซ๐ฌ๐๐๐ฅ. ๐๐ข ๐ญ๐ซ๐จ๐ฏ๐๐ฏ๐ ๐ง๐๐ฅ๐ฅ๐ ๐ฉ๐๐ซ๐ญ๐ ๐๐๐ฌ๐ฌ๐ ๐๐๐ฅ๐ฅ๐ ๐๐ข๐ญ๐ญà, ๐ฏ๐๐ซ๐ฌ๐จ ๐ฅ๐ ๐ฌ๐ญ๐๐ณ๐ข๐จ๐ง๐ ๐๐๐ฅ๐ฅ๐ ๐๐๐ซ๐ซ๐จ๐ฏ๐ข๐. ๐๐จ๐ง ๐๐ซ๐ ๐ฎ๐ง๐ ๐ฌ๐๐ฅ๐ ๐ฏ๐๐ซ๐ ๐ ๐ฉ๐ซ๐จ๐ฉ๐ซ๐ข๐ ๐ฆ๐ ๐ฎ๐ง ๐ฏ๐๐๐๐ก๐ข๐จ ๐๐๐ฉ๐จ๐ฌ๐ข๐ญ๐จ ๐๐ข ๐ ๐จ๐ฆ๐ฆ๐ ๐๐จ๐ง ๐ฎ๐ง ๐ฅ๐๐ง๐ณ๐ฎ๐จ๐ฅ๐จ ๐๐ข๐๐ง๐๐จ ๐ ๐ฎ๐ง ๐ฉ๐ซ๐จ๐ข๐๐ญ๐ญ๐จ๐ซ๐. ๐๐ฉ๐ซ๐ข๐ฏ๐ ๐ฌ๐จ๐ฅ๐จ ๐ฅ๐ ๐๐จ๐ฆ๐๐ง๐ข๐๐. ๐๐ข ๐ซ๐ข๐๐จ๐ซ๐๐จ ๐๐ก๐ ๐’๐ข๐ง๐ฏ๐๐ซ๐ง๐จ ๐ฌ๐ข ๐ ๐๐ฅ๐๐ฏ๐. ๐๐จ๐ฆ๐ ๐ฌ๐ฎ๐ฅ๐ฅ๐ ๐ฆ๐จ๐ง๐ญ๐๐ ๐ง๐ ๐๐๐ฅ๐ฅ’๐๐ซ๐๐ ๐จ๐ง.”
I ricordi proseguono quando cita il regista Renato Castellani e il suo film, girato in Calabria, “Il brigante”, stroncato sul giornaletto del liceo proprio del giovane Amelio (ora pentitosi), più per orgoglio calabrese che per effettiva capacità critica.
E poi l’incontro con Leonardo Sciascia (autore di quel “Porte aperte” portato sullo schermo da Amelio) col quale la discussione scivola inevitabilmente sul Cinema e soprattutto sui “Cinemi” che allora nel Sud si somigliavano un po’ tutti; ed emerge il ricordo di una cattiva abitudine descritta in un racconto di Sciascia intitolato “La zia d’America”, “๐๐จ๐ฏ๐ ๐๐๐ฌ๐๐ซ๐ข๐ฏ๐ ๐ข ๐ซ๐๐ ๐๐ณ๐ณ๐ข ๐๐ก๐ ๐๐๐ฅ๐ฅ๐ ๐ ๐๐ฅ๐ฅ๐๐ซ๐ข๐ ๐๐๐ง๐ญ๐ซ๐๐ง๐จ ๐ ๐ฌ๐ฉ๐ฎ๐ญ๐ข ๐ ๐ฅ๐ข ๐ฌ๐ฉ๐๐ญ๐ญ๐๐ญ๐จ๐ซ๐ข ๐๐๐ฅ๐ฅ๐ ๐ฉ๐ฅ๐๐ญ๐๐. ๐๐ง๐๐ก’๐ข๐จ ๐ ๐ข ๐ฆ๐ข๐๐ข ๐๐จ๐ฆ๐ฉ๐๐ ๐ง๐ข ๐๐ข ๐ฌ๐๐ฎ๐จ๐ฅ๐ ๐ฅ’๐๐ฏ๐๐ฏ๐๐ฆ๐จ ๐๐๐ญ๐ญ๐จ ๐ฎ๐ง๐ ๐ฏ๐จ๐ฅ๐ญ๐ ๐๐ฅ ๐๐ข๐ง๐๐ฆ๐ ๐๐๐ฌ๐๐ข๐๐ซ๐ข ๐๐ข ๐๐๐ญ๐๐ง๐ณ๐๐ซ๐จ, ๐๐๐ฅ๐ฅ๐ ๐ฉ๐ข๐๐๐ข๐จ๐ง๐๐ข๐ ...”
Ieri, come oggi, il Cinema era anche “su carta” e un altro ricordo di Amelio è legato all’immagine di Jeanne Moreau al telefono, con la quale inizia il film di Louis Malle “Ascensore per il patibolo”. Quella prima inquadratura era finita “๐ฌ๐ฎ๐ฅ๐ฅ๐ ๐๐จ๐ฉ๐๐ซ๐ญ๐ข๐ง๐ ๐๐๐ฅ ๐ง๐ฎ๐ฆ๐๐ซ๐จ ๐๐๐ ๐๐ข ๐๐ข๐ง๐๐ฆ๐ ๐๐ฎ๐จ๐ฏ๐จ, ๐ฅ๐ ๐ฆ๐ข๐ ๐๐ข๐๐๐ข๐ ๐๐ข ๐๐ฅ๐ฅ๐จ๐ซ๐, ๐๐ก๐ ๐๐ ๐ช๐ฎ๐ข๐ง๐๐ข๐๐ข๐ง๐๐ฅ๐ ๐ข๐ฅ๐ฅ๐ฎ๐ฌ๐ญ๐ซ๐๐ญ๐จ ๐๐ซ๐ ๐๐ข๐ฏ๐๐ง๐ญ๐๐ญ๐จ ๐ฎ๐ง ๐ฉ๐๐ฌ๐๐ง๐ญ๐ ๐๐ข๐ฆ๐๐ฌ๐ญ๐ซ๐๐ฅ๐ ๐ ๐๐จ๐ฌ๐ญ๐๐ฏ๐ ๐ฅ๐ข๐ซ๐ ๐๐๐ ๐ข๐ง๐ฏ๐๐๐ ๐๐ก๐ ๐ฅ๐ ๐๐๐ ๐๐ข ๐ฉ๐ซ๐ข๐ฆ๐. ๐๐ซ๐๐ง๐จ ๐ญ๐๐ง๐ญ๐, ๐ญ๐ซ๐จ๐ฉ๐ฉ๐ ๐๐๐ ๐ฅ๐ข๐ซ๐ ๐ฉ๐๐ซ ๐ฎ๐ง ๐ซ๐๐ ๐๐ณ๐ณ๐จ, ๐ ๐ฅ’๐ฎ๐ง๐ข๐๐จ ๐๐ฌ๐๐ฆ๐ฉ๐ฅ๐๐ซ๐ ๐๐ฌ๐ฉ๐จ๐ฌ๐ญ๐จ ๐ง๐๐ฅ๐ฅ’๐๐๐ข๐๐จ๐ฅ๐ ๐๐ข ๐๐๐ญ๐๐ง๐ณ๐๐ซ๐จ ๐ฌ๐ข ๐ฌ๐ญ๐๐ฏ๐ ๐ฌ๐๐จ๐ฅ๐จ๐ซ๐๐ง๐๐จ ๐๐ฅ ๐ฌ๐จ๐ฅ๐.
๐๐ซ๐ข๐ฆ๐ ๐ ๐๐จ๐ฉ๐จ ๐ฅ๐ ๐ฌ๐๐ฎ๐จ๐ฅ๐ ๐๐ข ๐ฉ๐๐ฌ๐ฌ๐๐ฏ๐จ ๐๐๐ฏ๐๐ง๐ญ๐ข ๐จ๐ ๐ง๐ข ๐ ๐ข๐จ๐ซ๐ง๐จ, ๐ง๐จ๐ง ๐ฉ๐๐ซ ๐ฏ๐๐๐๐ซ๐ ๐ฌ๐ ๐๐ข ๐๐จ๐ฌ๐ฌ๐ ๐๐ง๐๐จ๐ซ๐ (๐ง๐จ๐ง ๐ฅ’๐๐ฏ๐ซ๐๐๐๐ ๐๐จ๐ฆ๐ฉ๐ซ๐๐ญ๐จ ๐ง๐๐ฌ๐ฌ๐ฎ๐ง๐จ) ๐ฆ๐ ๐๐๐ซ๐๐๐ง๐๐จ ๐ข๐ฅ ๐ฆ๐จ๐๐จ, ๐๐ข๐๐ข๐๐ฆ๐จ ๐๐จ๐ฌì ๐ฉ๐ขù ๐ฌ๐ฏ๐๐ฅ๐ญ๐จ ๐๐ข ๐ฉ๐ซ๐จ๐๐ฎ๐ซ๐๐ซ๐ฆ๐๐ฅ๐จ ๐ฌ๐๐ง๐ณ๐ ๐ฌ๐๐จ๐ซ๐ฌ๐๐ซ๐ ๐ช๐ฎ๐๐ญ๐ญ๐ซ๐ข๐ง๐ข.
๐๐ง๐ญ๐๐ง๐ญ๐จ ๐๐ซ๐ซ๐ข๐ฏ๐ ๐ฅ๐ ๐๐๐ฌ๐ช๐ฎ๐ ๐๐๐ฅ ‘๐๐ ๐ ๐ฌ๐ฎ๐๐๐๐๐ ๐ฎ๐ง ๐๐๐ญ๐ญ๐จ ๐ข๐ฆ๐ฉ๐จ๐ซ๐ญ๐๐ง๐ญ๐: ๐ญ๐จ๐ซ๐ง๐ ๐ฆ๐ข๐จ ๐ฉ๐๐๐ซ๐ ๐๐ฆ๐ข๐ ๐ซ๐๐ญ๐จ ๐ข๐ง ๐๐ซ๐ ๐๐ง๐ญ๐ข๐ง๐ ๐ ๐ฌ๐ข ๐๐ข๐ฆ๐๐ง๐ญ๐ข๐๐ ๐๐ข ๐ฉ๐จ๐ซ๐ญ๐๐ซ๐ฆ๐ข ๐ฎ๐ง ๐ซ๐๐ ๐๐ฅ๐จ.
๐๐จ๐ฌì ๐๐ฉ๐ฉ๐๐ง๐ ๐๐ข ๐๐๐ฉ๐ข๐ญ๐ ๐๐ข ๐๐๐ซ๐ ๐ช๐ฎ๐๐ญ๐ญ๐ซ๐จ ๐ฉ๐๐ฌ๐ฌ๐ข ๐ข๐ง๐ฌ๐ข๐๐ฆ๐ ๐ฉ๐๐ซ ๐ข๐ฅ ๐๐จ๐ซ๐ฌ๐จ, ๐ ๐ฅ๐ข ๐๐ก๐ข๐๐๐จ ๐๐จ๐ง ๐ ๐ซ๐๐ง๐๐ ๐๐๐๐๐ข๐ ๐ญ๐จ๐ฌ๐ญ๐ “๐๐๐ฉà ๐ฆ๐ ๐ฅ๐จ ๐๐จ๐ฆ๐ฉ๐ซ๐ข ๐๐ข๐ง๐๐ฆ๐ ๐๐ฎ๐จ๐ฏ๐จ?” ๐๐จ๐ง ๐ข ๐ฌ๐จ๐ฅ๐๐ข ๐๐ข ๐ฌ๐ข ๐๐จ๐ฆ๐ฉ๐ซ๐ ๐ข๐ฅ ๐ฉ๐๐ง๐, ๐ง๐จ๐ง ๐ฅ๐ ๐๐๐ซ๐ญ๐”, ๐ซ๐๐ฉ๐ฅ๐ข๐๐ ๐ฅ๐ฎ๐ข. ๐ ๐๐ข ๐ฆ๐๐ญ๐ญ๐ ๐ฎ๐ง๐ ๐ฉ๐ข๐๐ญ๐ซ๐ ๐ฌ๐จ๐ฉ๐ซ๐”.
Il libro finisce, non casualmente, così come era iniziato, nella sala cinematografica del Politeama Italia di Catanzaro, vero e proprio luogo simbolo dell’ossessione cinematografica di Amelio; e dopo quasi 130 film è il momento della pellicola del 1963 “Il boom”, con la quale abbiamo aperto l’articolo.
Anche “Il vizio del Cinema” (che in realtà, rispetto a “Un film che si chiama desiderio”, è precedente come pubblicazione) contiene numerosi riferimenti alla formazione cinematografica catanzarese di Amelio.
Si comincia con “La dolce vita” (1960) di Federico Fellini. “๐๐จ ๐ฏ๐ข๐๐ข ๐ญ๐ซ๐ ๐ฏ๐จ๐ฅ๐ญ๐ ๐๐ข ๐ฌ๐๐ ๐ฎ๐ข๐ญ๐จ ... ๐ง๐๐ฌ๐๐จ๐ฌ๐ญ๐จ ๐ข๐ง ๐๐จ๐ง๐๐จ ๐๐ฅ๐ฅ๐ ๐ ๐๐ฅ๐ฅ๐๐ซ๐ข๐, ๐๐จ๐ฅ ๐ญ๐๐ซ๐ซ๐จ๐ซ๐ ๐๐ก๐ ๐ช๐ฎ๐๐ฅ๐๐ฎ๐ง๐จ ๐ฆ๐ข ๐ฌ๐๐๐ญ๐ญ๐๐ฌ๐ฌ๐ ๐๐ฎ๐จ๐ซ๐ข ๐๐จ๐ง ๐ฅ๐ ๐๐จ๐ซ๐ณ๐ ๐ฉ๐๐ซ๐๐กé ๐๐ซ๐ ๐ฏ๐ข๐๐ญ๐๐ญ๐จ ๐๐ข ๐ฆ๐ข๐ง๐จ๐ซ๐ข ๐๐ข ๐ฌ๐๐๐ข๐๐ข ๐๐ง๐ง๐ข. ๐๐จ ๐๐ข ๐๐ง๐ง๐ข ๐ง๐ ๐๐ฏ๐๐ฏ๐จ ๐ช๐ฎ๐ข๐ง๐๐ข๐๐ข, ๐ฆ๐ ๐๐ฏ๐๐ฏ๐จ ๐๐จ๐ซ๐ซ๐จ๐ญ๐ญ๐จ ๐๐จ๐ง ๐ฎ๐ง ๐ฌ๐ฎ๐ฉ๐ฉ๐ฅ๐๐ฆ๐๐ง๐ญ๐จ ๐๐ข ๐๐๐ง๐ญ๐จ ๐ฅ๐ข๐ซ๐ (๐ฅ’๐ข๐ง๐ ๐ซ๐๐ฌ๐ฌ๐จ ๐ง๐ ๐๐จ๐ฌ๐ญ๐๐ฏ๐ ๐๐ข๐ง๐ช๐ฎ๐๐๐๐ง๐ญ๐จ) ๐ฅ๐ ๐ฌ๐ข๐ ๐ง๐จ๐ซ๐ ๐๐ก๐ ๐ฌ๐ญ๐๐๐๐๐ฏ๐ ๐ข ๐๐ข๐ ๐ฅ๐ข๐๐ญ๐ญ๐ข; ๐ ๐ง๐จ๐ง ๐๐ซ๐ ๐ฅ๐ ๐ฉ๐ซ๐ข๐ฆ๐ ๐ฏ๐จ๐ฅ๐ญ๐. ๐๐๐ซò ๐ฌ๐ข ๐๐ข๐๐๐ฏ๐ ๐๐ก๐ ๐ช๐ฎ๐๐ฌ๐ญ๐จ ๐๐ข๐ฅ๐ฆ ๐๐จ๐ฌ๐ฌ๐ ๐๐๐ฏ๐ฏ๐๐ซ๐จ ๐ฌ๐๐๐ง๐๐๐ฅ๐จ๐ฌ๐จ.
๐๐ง๐๐ก๐ ๐ ๐ฅ๐ข ๐๐๐ฎ๐ฅ๐ญ๐ข, ๐๐ฅ ๐๐จ๐ฆ๐ฎ๐ง๐๐ฅ๐ ๐๐ข ๐๐๐ญ๐๐ง๐ณ๐๐ซ๐จ ๐๐จ๐ง ๐ฉ๐จ๐ฌ๐ญ๐ข ๐ข๐ง ๐ฉ๐ข๐๐๐ข, ๐๐ฏ๐๐ฏ๐๐ง๐จ ๐ฅ’๐๐ซ๐ข๐ ๐๐ข ๐ฉ๐๐๐๐๐ญ๐จ๐ซ๐ข ๐ข๐ง ๐ข๐ง๐๐จ๐ ๐ง๐ข๐ญ๐จ”.
Si parla poi ancora di cinema di carta con i cineromanzi, una versione cinematografica di quei fotoromanzi che andavano per la maggiore “๐๐๐ฅ๐ฅ๐ ๐๐๐ฌ๐ ๐๐๐ฅ ๐ฆ๐ข๐จ ๐ฉ๐๐๐ฌ๐ ๐ฌ๐จ๐ญ๐ญ๐จ ๐ฅ๐ ๐๐ข๐ฅ๐”.
Casco d’oro era appunto un cineromanzo tratto dall’omonimo film del 1952 di Jaques Bécker; “๐๐ซ๐ ๐๐ฌ๐ฉ๐จ๐ฌ๐ญ๐จ ๐ง๐๐ฅ๐ฅ๐ ๐ฏ๐๐ญ๐ซ๐ข๐ง๐ ๐๐ข ๐ฎ๐ง’๐๐๐ข๐๐จ๐ฅ๐ ๐ฌ๐ฎ๐ฅ ๐๐จ๐ซ๐ฌ๐จ ๐ฉ๐ซ๐ข๐ง๐๐ข๐ฉ๐๐ฅ๐ ๐๐ข ๐๐๐ญ๐๐ง๐ณ๐๐ซ๐จ ๐ ๐๐ข ๐ซ๐๐ฌ๐ญò ๐ฉ๐๐ซ ๐ฉ๐๐ซ๐๐๐๐ก๐ข๐จ ๐ญ๐๐ฆ๐ฉ๐จ.
๐๐จ๐ข ๐๐ง๐๐๐ฏ๐๐ฆ๐จ ๐ข๐ง ๐๐ข๐ญ๐ญà ๐ง๐จ๐ง ๐ฉ๐ขù ๐๐ข ๐ฎ๐ง๐ ๐ฏ๐จ๐ฅ๐ญ๐ ๐๐ฅ ๐ฆ๐๐ฌ๐ ๐ ๐จ๐ ๐ง๐ข ๐ฏ๐จ๐ฅ๐ญ๐ ๐๐ข ๐ฉ๐๐ฌ๐ฌ๐๐ฏ๐๐ฆ๐จ ๐๐๐ฏ๐๐ง๐ญ๐ข: “๐๐๐ฌ๐๐จ ๐’๐จ๐ซ๐จ” ๐๐ซ๐ ๐ฌ๐๐ฆ๐ฉ๐ซ๐ ๐๐ฅ ๐ฉ๐จ๐ฌ๐ญ๐จ ๐ฌ๐ฎ๐จ, ๐๐จ๐ฆ๐ ๐ฅ๐ ๐๐ก๐ข๐๐ฌ๐ ๐๐๐ฅ๐ฅ’๐๐ฆ๐ฆ๐๐๐จ๐ฅ๐๐ญ๐. ๐
๐ข๐ง๐๐กé ๐ฆ๐ข๐ ๐ฆ๐๐๐ซ๐ ๐ฎ๐ง ๐ ๐ข๐จ๐ซ๐ง๐จ ๐ฌ๐ข ๐๐๐๐ข๐ฌ๐. ๐๐ง๐ญ๐ซò ๐, ๐ข๐ง ๐๐ซ๐๐ญ๐ญ๐ ๐ ๐๐ฎ๐ซ๐ข๐ ๐ฉ๐๐ซ ๐ง๐จ๐ง ๐ฉ๐๐ง๐ญ๐ข๐ซ๐ฌ๐ข, ๐ญ๐ข๐ซ๐จ ๐๐ฎ๐จ๐ซ๐ข ๐๐๐ฅ ๐๐จ๐ซ๐ฌ๐๐ฅ๐ฅ๐ข๐ง๐จ ๐๐๐ง๐ญ๐จ๐๐ข๐ง๐ช๐ฎ๐๐ง๐ญ๐ ๐ฅ๐ข๐ซ๐ ๐ ๐ฅ๐จ ๐๐๐ช๐ฎ๐ข๐ฌ๐ญò. “๐๐ข๐๐ง๐ข๐ฅ๐จ ๐ญ๐ฎ, - ๐ฆ๐ข ๐๐๐๐ ๐ช๐ฎ๐๐ง๐๐จ ๐ฎ๐ฌ๐๐ข๐ฆ๐ฆ๐จ ๐ข๐ง ๐ฌ๐ญ๐ซ๐๐๐ - ๐ ๐ì ๐๐ก๐ ๐๐ ๐ฅ’๐ก๐๐ง๐ง๐จ ๐ซ๐๐ ๐๐ฅ๐๐ญ๐จ”. ๐๐ซ๐ ๐๐จ๐ฌ๐ญ๐๐ญ๐จ ๐ญ๐ซ๐จ๐ฉ๐ฉ๐จ ๐ ๐ฌ๐ ๐ง๐ ๐ฏ๐๐ซ๐ ๐จ๐ ๐ง๐๐ฏ๐...
E ancora di Politeama Italia si parla, quando Amelio segnala che fu la prima sala, a Catanzaro, ad attrezzarsi per il cinemascope; ricordo collegato con la visione, in un cinema stracolmo (altri tempi), della pellicola di Otto Preminger “Carmen Jones” (1954).
Sempre nella stessa sala il giovane Amelio ebbe l’opportunità di assistere alla programmazione di “I sette assassini”, film del 1957 di Budd Boetticher.
Scolpita poi, nella memoria del regista, la scritta “posti in piedi”, esposta allo stesso cinema, in occasione della proiezione del capolavoro di Luchino Visconti “Rocco e suoi fratelli” (1960).
Ricordi di un cinema vissuto dallo spettatore con passione, noncurante delle scomodità, del sonoro approssimativo, dei disagi climatici e perfino della censura che, ad esempio nel film di Visconti, esigeva la presenza di un filtro scuro dinanzi al proiettore durante le scene ritenute scabrose. Quel che non è mai mutato è la presenza del pubblico direttamente proporzionale alla misura dello scandalo provocato da benpensanti e censori, segno dell’inefficacia del metodo se non in relazione all’innalzamento dell’attenzione.
Gianni Amelio si sofferma poi sui suoi primi interrogativi rispetto alla magia del doppiaggio quando ricorda che “... ๐ฏ๐๐๐๐ง๐๐จ ๐ง๐จ๐ง ๐ฌ๐จ ๐ฉ๐ขù ๐ช๐ฎ๐๐ฅ๐ ๐ฐ๐๐ฌ๐ญ๐๐ซ๐ง, ๐๐ฏ๐๐ฏ๐จ ๐๐จ๐ฆ๐๐ง๐๐๐ญ๐จ ๐ ๐ฆ๐ข๐ ๐ง๐จ๐ง๐ง๐, ๐๐ก๐ ๐จ๐ ๐ง๐ข ๐๐จ๐ฆ๐๐ง๐ข๐๐ ๐ฆ๐ข ๐ฉ๐จ๐ซ๐ญ๐๐ฏ๐ ๐๐ฅ ๐๐ข๐ง๐๐ฆ๐, ๐๐จ๐ฆ๐ ๐ฆ๐๐ข ๐ข ๐๐จ๐ฐ๐๐จ๐ฒ ๐ฌ๐๐ฉ๐๐ฌ๐ฌ๐๐ซ๐จ ๐ฅ๐ ๐ง๐จ๐ฌ๐ญ๐ซ๐ ๐ฅ๐ข๐ง๐ ๐ฎ๐ ๐ฆ๐๐ ๐ฅ๐ข๐จ ๐๐ข ๐ง๐จ๐ข ๐๐ก๐ ๐ฌ๐ญ๐๐ฏ๐๐ฆ๐จ ๐ ๐๐๐ญ๐๐ง๐ณ๐๐ซ๐จ. ๐๐๐ข ๐ญ๐๐ ๐ฅ๐ขò ๐๐จ๐ซ๐ญ๐จ, ๐๐จ๐ง ๐ฌ๐๐ ๐ ๐๐ณ๐ณ๐: “๐๐ฅ๐ข ๐๐ฆ๐๐ซ๐ข๐๐๐ง๐ข ๐ฌ๐๐ง๐ง๐จ ๐ญ๐ฎ๐ญ๐ญ๐จ”.
Due pubblicazioni quindi imperdibili per i cinefili e obbligatorie per quelli catanzaresi.
Ci chiediamo allora cosa bisogna aspettare per omaggiare, degnamente e definitivamente, un artista (autore di film come “Colpire al cuore”; “Porte aperte”; “Il ladro di bambini”; “Lamerica; “Così ridevano”; “Le chiavi di casa”; “La stella che non c’è”) che dimostra di avere un legame con la sua terra, forse contraddittorio come molti calabresi, ma così forte da emergere prepotentemente nelle sue memorie pubbliche.
Una città che ancora non ha reso il giusto e definitivo omaggio ad un altro suo figlio, Mimmo Rotella (artista citato, non casualmente, dallo stesso Amelio che dedica la copertina del suo primo libro proprio ad una sua Marilyn), dovrebbe, possibilmente in vita, fecondare il proprio territorio con un’iniziativa, senza retorica e vacua mondanità e soprattutto con lo spessore internazionale che questi protagonisti hanno conquistato.
Un’iniziativa che possa trasmettere memoria e orgoglio ai giovani calabresi tra i quali forse si nascondono i futuri Amelio, Gaetano, Rotella, Versace e con la speranza che non debbano andare molto lontano per realizzare i propri sogni.
(๐๐ซ๐ญ๐ข๐๐จ๐ฅ๐จ ๐ฉ๐ฎ๐๐๐ฅ๐ข๐๐๐ญ๐จ, ๐ง๐๐ฅ ๐ฆ๐๐ฌ๐ ๐๐ข ๐๐ข๐ฎ๐ ๐ง๐จ ๐๐๐๐, ๐ฌ๐ฎ๐ฅ ๐ฉ๐๐ซ๐ข๐จ๐๐ข๐๐จ ๐๐๐ญ๐๐ง๐ณ๐๐ซ๐๐ฌ๐ “๐’๐๐ฌ๐จ๐ฅ๐”)