Tutti conosciamo il tartufo come tipico dell’Umbria o del Piemonte, dove promozione e qualità vanno di pari passo con sviluppo turistico ed enogastronomico, ma anche la Calabria vanta una discreta produzione tartufaia. Da sempre.
E’ quanto è stato sottolineato nel corso della tavola rotonda apposita organizzata dalla Casa del Tartufo Calabrese, in piazza Duomo. Può infatti suonare strano, ma in un territorio che conta la presenza della Sila e del Pollino, quindi terreni e altitudini ideali, oltre al clima favorevole, non è difficile immaginare quanto sia fertile e generosa, la Calabria, per questo tipo di produzione: insieme al più comune tartufo nero, nelle qualità di scorzone, estivo, liscio e pregiato, nella nostra terra si possono trovare anche il più rinomato tartufo bianco e il bianchetto.
Moderatore d’eccezione dell’incontro il presidente delle Proloco regionali
Filippo Capellupo, esperti di un settore come si diceva non proprio emergente hanno avuto modo di confrontarsi anche con personalità e studiosi quali il professore Giovanni Enrico Agosteo dell’Università di Reggio Calabria, il micologo Teodoro Gigliotti del gruppo micologico del Reventino, Giuseppe Caruso, docente dell’Istituto agrario di Catanzaro e, per la Regione Calabria, Nicola Cirillo.
Tutti si sono detti concordi sulle problematiche che circondano questo prodotto tipico calabrese, prima fra tutte la crescita di una nuova cultura nel merito. Considerato come un lusso riservato per pochi, ciò che comunemente si assaggia col suo nome molto spesso ha provenienza industriale e del tartufo ha solo aroma o essenza. Inoltre, è molto venduto quello della qualità “mesenterico” – spesso indicata come specie pregiata, ma non lo è -, che ha un sapore molto intenso, di certo non il massimo per chi si vuole avvicinare a questa prelibatezza, definita un vera e propria “coccola, che ogni tanto anche una persona con un reddito normale si deve concedere”.
Non si tratta solo, come è emerso dall’incontro, di puntare sulla filiera e di abituare all’idea che il tartufo si trovi anche dalle nostre parti e che non abbia nulla a che vedere con i preparati da supermercato, ma anche di trasmetterne, con dinamiche ragionate, la lavorazione per la vendita e incentivare il suo utilizzo in cucina. Senza perdere di vista la necessità di preservare i luoghi di raccolta: come per i funghi, il timore è, oltre alla commercializzazione abusiva, la raccolta selvaggia che può rovinare le tartufaie e il ciclo produttivo del tartufo stesso.