Lo sguardo si sofferma sulle figure degli uomini e in particolare delle donne, ferme sugli usci delle case, e si allarga sui vicoli, sulle piazze vuote, sulle case abbandonate. La luce puntata come un faro a teatro illumina una strada, il profilo di una casa, il volto e la mani di una donna. Nelle pennellate di Roberto Giglio si ritrovano le forme dei borghi abbandonati della Calabria e dei fantasmi che li popolano, scenografie di luoghi dove la dimenticanza sembra aver cancellato la memoria, che ritrovano senso in quella luce che parla di vita e di speranza.
"Le forme dell'oblio" è il titolo della mostra personale di Roberto Giglio che inaugurerà sabato prossimo, 7 maggio, e sarà visitabile fino al 31 agosto negli spazi del piano inferiore del Marca - Museo delle Arti di Catanzaro. Promossa dalla Fondazione Rocco Guglielmo in collaborazione con l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, la mostra si inserisce nel progetto Glocal V, nella sezione Attraversare il Territorio, e offre ancora una volta l’occasione di conoscere e apprezzare il dinamismo creativo degli artisti che arricchiscono il patrimonio culturale del territorio. L’esposizione è curata da Giorgio de Finis, antropologo e direttore del Museo delle Periferie di Roma, che ha selezionato un corpo di opere che abbracciano gli ultimi venti anni di produzione dell'artista con l'intento di far emergere la drammaticità che caratterizza il suo lavoro, che diventa universale e valica i confini della Calabria parlando di "un mondo chiuso in casa" che riporta alle immagini delle città fantasma del lockdown.
Trentacinque tele e due taccuini di viaggio con schizzi e scatti fotografici che documentano il progetto di Roberto Giglio ispirato al testo dello scrittore Domenico Cangemi da cui eredita il nome, "I fantasmi di Badolato", un viaggio nei centri storici della Calabria in cui Roberto Giglio, con una poetica molto vicina a quella de "Il senso dei luoghi" di Vito Teti, coglie il senso di quei luoghi che ha percorso nel suo viaggio con l'animo dell'artista, riproducendo sulla tela quelle forme con gli acquerelli e grazie anche all'abilità che gli deriva dalla sua formazione da architetto. Nel catalogo bilingue (italiano /inglese), edito da Silvana Editoriale per la collana “Quaderni del Marca”, insieme ai testi critici di Rocco Guglielmo, Giorgio de Finis e Mimmo Gangemi, il contributo dello scrittore Giuseppe Sommario, amico di Roberto Giglio, con il quale l'artista sta collaborando per dare vita ad una pubblicazione in cui saranno raccolte alcune opere corredate da testi che raccontano di questo viaggio nei borghi abbandonati. Luoghi in cui Giglio e Sommario si sentono a casa, a cui hanno affidato sogni, storie, desideri di fuga e di ritorni.
Roberto Giglio nasce a Badolato, in Calabria e precocemente inizia a dipingere sotto la guida del padre. Nel 1986 è a Roma dove frequenta la facoltà di Architettura, laureandosi con una tesi in scenografia avente come tema “Il teatro dei luoghi”. Durante gli studi universitari avviene l’incontro con il pittore spagnolo Pedro Cano, che diventerà suo maestro e sarà fondamentale per la maturazione della sua cifra artistica. Dopo gli studi universitari inizia una lunga collaborazione con l’architetto Pasquale Piroso, che lo porterà a sperimentare fusioni di linguaggio tra arte, artigianato e design. Dal 2008 a oggi partecipa alla progettazione e realizzazione, tra Roma e la Calabria, di spettacoli teatrali, festival ed eventi artistico-culturali. In particolare, ha dato vita a una serie di istallazioni-laboratorio per bambini, ambientati in piccoli centri storici calabresi a rischio d’abbandono. Laboratori che abbracciano l’idea di arte nei luoghi e arte come esperienza condivisa, il cui proposito è quello di scoprire immagini, simboli e valori, attraverso il racconto, la manualità e la creazione artistica, quale strumento educativo per eccellenza. La pittura di Roberto Giglio è narrazione e concentrazione di memoria immaginativa. Passando dalla figura all’informale, utilizza il bianco della luce per decostruire volti e architetture. Il suo lavoro esprime un senso di mistero e sospensione. Attraverso visioni incantate e surreali, la sua tecnica elabora un lento passaggio filtrato nella memoria, antidescrittivo e lirico. La pittura è nei suoi lavori un viaggio della lentezza in cui la vera poesia è tutto il vissuto che si deposita tra l’ombra e la luce. Attualmente vive e lavora tra Badolato e Roma.