Sublime. Non esiste un termine più adatto che possa dare un senso a una serata in cui il Teatro, quello vero, si è palesato in tutte le sue forme. L’arte della recitazione esaltata all’ennesima potenza. Tutto questo è stato ‘Un tram che si chiama desiderio’ con Mariangela D’Abbraccio e Daniele Pecci che, alla stessa maniera di una freccia scagliata con estrema forza e precisione, hanno centrato il cuore degli spettatori con un caleidoscopio di emozioni. Il dramma, andato in scena ieri sera al Teatro Comunale di Catanzaro, nell’ambito della stagione teatrale organizzata da AMA Calabria, è stato l’ennesimo diamante incastonato in una preziosa collana.
L’intensità di una storia complessa, vissuta insolitamente in un atto unico, è stata resa alla perfezione dai due attori apparsi baciati sulla fronte da Dioniso. I complessi personaggi di Blanche Du Bois e Stanley Kowalski non potevano trovare una migliore dimensione di quella fornita da Mariangela D’Abbraccio e Daniele Pecci. Accanto a loro Giorgia Salari, Eros Pascale, Giorgio Sales, Erika Puddu e Diego Migeni, perfetti nell’adattamento curato dalla regia, rispettosa del testo originale, di Pier Luigi Pizzi.
Il rischio di affrontare un capolavoro, dandogli un tocco di modernità, era enorme. La casa di Stanley e sua moglie Stella (Giorgia Salari), sorella di Blanche, è sembrato un girone dell’Inferno dantesco in cui le paure e le ansie conducono la protagonista verso un tragico finale. Mariangela D’Abbraccio ha perfettamente interpretato il ruolo di una donna che, in seguito alle tristi vicende che l’hanno colpita, ha preferito nascondere la realtà con le sue fantasie. Il suo continuo scontro con il cognato, i confronti con la sorella e la sua relazione incompiuta con Mitch (Eros Pascale) fanno apparire Blanche una donna tanto in preda a una crisi di nervi quanto ingenua. A far da contraltare è Stanley, un uomo rozzo e prepotente nei suoi comportamenti, ma anche violento nei confronti della moglie. Personaggio che Pecci si cuce addosso alla perfezione, rendendolo molto attuale e sentito.
Di grande impatto il monologo in cui Blanche racconta alla sorella, con estrema emozione, il momento della scoperta dell’omosessualità del marito. Un momento in cui l’intensità emotiva è aumentata, grazie alla interpretazione di una immensa Mariangela D’Abbraccio che, con le parole conclusive “E allora il faro che s’era acceso sul mondo, si spense di nuovo e mai più per un solo istante da allora, ha brillato una luce tanto più forte di questo mozzicone di sigaretta”, ha tracciato un vuoto interiore determinato da una immagine di donna profondamente colpita dal suicidio del marito.
Il finale lascia l’amaro in bocca, allorquando Blanche si fa portare via da un dottore, a lei sconosciuto, attratta com’è dalla sua gentilezza. Un gesto suggellato da una frase che spiega da sola il fragile stato mentale di Blanche: “Chiunque voi siate, ho sempre confidato nella gentilezza degli estranei”. La mestizia del dramma lascia spazio a un applauso caloroso del pubblico sfociato in una standing ovation. Mariangela D’Abbraccio, Daniele Pecci e l’intera Compagnia hanno scritto l’ennesima pagina importante nel Grande Libro del Teatro Italiano.