Una straordinaria rivisitazione di Pier Luigi Pizzi del capolavoro, premio Pulitzer nel 1947, “Un tram che si chiama desiderio”.

Ambientata negli anni ’40, la piece teatrale affronta temi tragicamente attuali quali l’omosessualità, la violenza psicologica, fisica e sessuale perpetrata contro le donne, il suicidio, l’alcolismo, la non accettazione della malattia mentale, il bigottismo sociale.

In scena una perfetta Mariangela D’Abbraccio, nel ruolo di Blanche, vittima della vita sin da quando, giovanissima, scoprirà di aver sposato un omosessuale che, non reggendo alla vergogna, metterà fine alla sua vita suicidandosi. Evento questo che segnerà la psiche della donna, complice la dipendenza dall’alcool e la crudeltà del cognato, facendola sprofondare nel baratro della pazzia.

“Un tram che si chiama desiderio” parla di quel sogno americano infranto che rappresenterà negli anni il sogno infranto di tutto l’occidente, un dramma che rapisce, commuove e coinvolge il pubblico presente che più volte si lascia andare a scroscianti e lunghissimi, emozionati applausi.

Ad accompagnare la D’Abbraccio in questi 120 minuti di stupore, indignazione, speranza, dolore e consapevolezza, nel ruolo del rozzo e violento cognato Stanley, è Daniele Pecci al quale è doveroso riconoscere una presenza scenica di altissimo spessore.

Il dramma andato in scena è la conferma di un cartellone teatrale che, ad oggi, non ha sbagliato un appuntamento, confermando via via la capacità progettuale di AMA Calabria, associazione promotrice della stagione che vede il palcoscenico del Teatro Comunale di Catanzaro protagonista della formazione culturale della città, elemento fondamentale per arricchire le menti di chi ha il piacere di assistere agli spettacoli e per preparare le nuove generazioni alla fruizione consapevole dell’arte tutta.

AMA Calabria

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