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Visitare un Museo diocesano di Arte Sacra significa ripercorrere il cammino storico, artistico-culturale e di fede di un’intera comunità. Si dovranno ricredere quanti nel tempo sono stati erroneamente indotti a pensare che si tratti esclusivamente di un deposito di oggetti morti.
Al suo interno infatti sono custoditi opere d’arte e suppellettili liturgici - espressione della bellezza e della grandiosità di Dio – che parlano di un rapporto diretto con il territorio e con la sua gente: traggono origine dalla devozione popolare e dalla manifattura di artisti e artigiani locali.
È questo il messaggio cardine che ๐๐จ๐ง ๐๐๐ฎ๐ซ๐ข๐ณ๐ข๐จ ๐ ๐๐ฅ๐๐จ๐ง๐ข๐๐ซ๐, direttore dell’Ufficio diocesano per i Beni culturali dell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro-Squillace e direttore del Museo Diocesano di Arte Sacra di Cz-Squillace ha indirizzato agli studenti dell’Università Magna Graecia in occasione del seminario ‘I Musei diocesani: storia e funzioni’. L’incontro - introdotto dal professore @Luigi Mariano Guzzo - si inserisce nell’ambito del Corso in Beni ecclesiastici e Beni culturali che l’ateneo catanzarese ha proposto come attività formativa nell’anno accademico 2020-2021.
Partendo dall’assunto che il Mudas è una realtà che appartiene alla diocesi quanto all’intera comunità, don Falconiere nel corso della sua accurata relazione ha posto l’accento sulla funzione sociale delle istituzioni museali per poi tracciare un dettagliato excursus storico sui progetti culturali mirati a realizzare la destinazione pubblica di opere d’arte. L’argomento è stato poi sviscerato da molteplici punti di vista: normativo, storico, estetico, pastorale, devozionale.
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Per iniziare è stato messo in chiaro il distinguo tra i musei ecclesiastici e quelli religiosi. I musei ecclesiastici fanno la loro comparsa tra la fine dell’800 e gli inizi del 900. Molte volte vengono identificati erroneamente con i musei religiosi in quanto intesi come luoghi che hanno la religione come peculiarità, missione, scelta di narrazione. In realtà i musei ecclesiastici sono invece di proprietà di Enti pertinenti la Chiesa (diocesi, parrocchie, santuari, congregazioni, ordini religiosi) e sono dotati di collezioni di oggetti di arte sacra ma possono e spesso contengono anche collezioni archeologiche, etnologiche, scientifiche e altro.
La tipologia più diffusa di musei ecclesiastici è rappresentata dai musei diocesani. La loro è una costituzione piuttosto recente. Dopo varie sollecitazioni la svolta avvenne in occasione del Giubileo del 2000 quando la Chiesa erogò importanti contributi per permettere la nascita di queste realtà su tutto il territorio nazionale.
A livello normativo il compito di istituire un museo diocesano spetta al vescovo diocesano con decreto vescovile coadiuvato dalla Commissione diocesana e dall’ufficio per l’arte sacra e beni culturali. Viene dotato di uno Statuto e di un regolamento.
Quali sono, da dove nascono e perché nascono le opere di arte sacra?
La Chiesa nell’arco della sua storia si è servita delle differenti culture per diffondere e spiegare il messaggio cristiano, di conseguenza la fede tende per sua natura ad esprimersi in forme artistiche e in testimonianze storiche avente un’intrinseca forza evangelizzatrice e valenza culturale di fronte alle quali la Chiesa è chiamata a prestare la massima attenzione. Ecco spiegato perché si è venuto ad accumulare un abbondante patrimonio di beni culturali caratterizzati da un particolare valore nell’ambito della loro finalità ecclesiale. Quasi il 90% dei beni culturali italiani sono rappresentati dai beni culturali ecclesiastici.
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Il visitatore troverà nel percorso espositivo del Mudas dei manufatti appartenenti alla vita cristiana attiva cioè elementi originariamente conservati nelle Chiese e nelle sacrestie e usati in determinati momenti liturgici. A fortificare la dinamicità dei Musei ecclesiastici c’è il fatto che ancora oggi è possibile utilizzare alcuni di questi materiali. Ad esempio con avviso preventivo alla Soprintendenza vengono spostati calici liturgici o altri oggetti di culto.
Pur considerando il valore economico delle cose la Chiesa tende ad evidenziare l’idea di bene in senso culturale, demografico e antropologico facendo emergere l’aspetto vivo e attuale del patrimonio religioso al punto che anche i non credenti possano considerarne la connotazione. ๐ ๐ฆ๐ฎ๐ฌ๐๐ข ๐๐ข๐จ๐๐๐ฌ๐๐ง๐ข ๐ง๐จ๐ง ๐ฌ๐จ๐ง๐จ ๐ฌ๐จ๐ฅ๐จ ๐ฉ๐๐ซ ๐ข ๐๐ซ๐๐๐๐ง๐ญ๐ข. In realtà non avere la consapevolezza che i Beni ecclesiastici sono parte integrante dell’identità di una comunità e patrimonio comune dell’umanità può portare a delle conseguenze molto dannose. La cultura autentica deve creare ponti e non muri sulla base del principio di pari dignità e rispetto di tutte le culture.
Il bene ecclesiastico ha un valore storico perché testimone di un dato periodo della vita della Chiesa e delle comunità cristiane; artistico che è espressione della tecnica e dello stile di un’epoca ed espressione del linguaggio della bellezza universale; spirituale delle comunità cristiane intese come forme di devozione espressione della pietà popolare e delle tradizioni locali che le hanno ispirate.
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I musei ecclesiastici non sono luoghi delegati esclusivamente al deposito ma devono farsi promotori della conoscenza e valorizzazione del materiale che espongono. Il patrimonio non deve essere solamente protetto ma deve essere trasmesso integro alle generazioni future. La salvaguardia e la valorizzazione è un dovere e il fine ultimo deve essere la fruizione intesa come una serie di iniziative dirette a potenziare e qualificare le capacità comunicative del bene.
A livello normativo il compito di istituire un museo diocesano spetta al vescovo diocesano con decreto vescovile coadiuvato dalla Commissione diocesana e dall’ufficio per l’arte sacra e beni culturali e viene adottato da uno Statuto e da un regolamento.
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Il museo diocesano d’arte sacra, il MUDAS, è un’unica realtà museale che comprende due sedi distaccate: quella di Squillace e quella di Catanzaro, sorte rispettivamente nel 1984 e nel 1997 e fortemente volute dall’allora arcivescovo Mons. Antonio Cantisani. Le collezioni sono ospitate nei palazzi episcopali e sono organizzate in modo da dialogare proficuamente tra loro stesse ed anche con il territorio dove sono radicate. Il MUDAS in questi anni seguendo gli orientamenti della Conferenza episcopale italiana ha cercato di dare vita ad un circuito formativo e comunicativo diventando sempre di più un centro di aggregazione culturale per la comunità attraverso la partecipazione di gruppi di volontari, la realizzazione di mostre temporanee, conferenze, presentazioni di libri, incontri con artisti, storici e restauratori. Nell’ottica di divulgare il messaggio cristiano ha intessuto rapporti di collaborazione con enti pubblici locali coinvolgendo soprattutto le istituzioni scolastiche e associazioni culturali e promuovendo lo svolgimento di laboratori didattici.
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Il pubblico del seminario composto prevalentemente da giovani studenti dell’UMG è stato poi condotto virtualmente in un viaggio alla scoperta del Mudas. A fare da Cicerone nella sede di Catanzaro è stato l’architetto Alessandro Mercurio che con dovizia di particolari ha raccontato alcuni dei pezzi più significativi della collezione, per la maggior parte composta da materiali provenienti dalla Cattedrale cittadina dopo il bombardamento del 1946. Diverse le opere pittoriche illustrate come quella dell’Annunciazione (Chiesa del Rosario), la tela raffigurante il volto espressivo di Sant’Umile, o ancora il quadro di scuola pretiana che raffigura ‘Gesù nel tempio’. Spazio poi alle argenterie di produzione napoletana o siciliana: tra questi l’Ostensorio proveniente dal Convento di Santa Chiara e quello realizzato in occasione del Secondo Congresso Eucaristico regionale nel 1933.
Ampio il repertorio di damaschi e paramenti liturgici di particolare pregio che raccontano della fiorente arte della seta a Catanzaro. Colpiscono i dettagli in filato d’oro e la loro maestosa bellezza. Tra questi anche un paramento ottenuto da una veste femminile come dono in segno di devozione. Ed ancora le mitrie gemmate semigemmate e semplici.
Sull’aspetto tecnico-scientifico si è invece soffermata la dottoressa Anna Gentile che ha spiegato come ogni opera d’arte richieda un continuo monitoraggio e verifica dello stato di salute in cui versa. Si parte da un’anamnesi storica e poi si fa una diagnosi per stabilire il tipo di intervento da fare, fermo restando che vi sono dei fattori come la temperatura, la luce e l’umidità che devono rispettare dei range di riferimento. Il processo di degrado è naturale quindi inevitabile ma si deve cercare di renderlo più lento possibile.
La visita guidata nella sede di Squillace è stata affidata alla professoressa Lara Caccia dell’Accademia delle Belle Arti di Catanzaro e al dottore Dante Palmerino che grazie all’occhio tecnologico della videocamera hanno mostrato in diretta i materiali esposti nelle sei sale del Museo.
Un’iniziativa che ha indubbiamente acceso la curiosità dei partecipanti di varcare la soglia del MUDAS per osservare da vicino il ricco e prestigioso patrimonio artistico e culturale che la storia della Chiesa e della comunità ci ha generosamente consegnato.
(Rosita Mercatante per Area Teatro)