L’immagine della città si trasforma anche attraverso lo sguardo degli artisti che la abitano. È proprio la loro interpretazione creativa che permette di mettersi in ascolto delle storie che appartengono al luogo in cui si nasce e che, in qualche modo, parlano per sempre. Anche quando si è cresciuti, ci si è trasferiti, ci si sente lontani o semplicemente si va alla ricerca delle tracce di quello che si è diventati attraverso la riscoperta dei posti che si conoscono meglio. Il contributo artistico aggiunge un ulteriore livello di lettura, un nuovo strato, una prospettiva “altra” da cui osservare.
Nel caso di Simonluca Spadanuda, artista con un’identità multiforme, classe 1980, è evidente il tentativo di sperimentare un modo comunicativo differente, senza voler snaturare il valore dei simboli che tanto contraddistinguono la città. Non è un caso che la sua mano ha brandito la matita per realizzare un’immagine che, in maniera indiretta, interpreta i sentimenti collettivi legati all’esperienza di aggregazione e socialità vissuta da più generazioni di catanzaresi in uno dei quartieri simbolo della città. Una versione goliardica della raffigurazione del santo francese che dà il nome a questo spazio pubblico: “Sancto Leonardo" appare in abito monastico e con la sciarpa giallorossa al collo come segno tangibile del contagioso entusiasmo che ha attraversato la comunità per i successi calcistici della squadra locale nella stagione culminata con la promozione in Serie B.

Anche la rivisitazione della famosa opera bronzea di Giuseppe Rito, “Il Cavatore”, è fantasiosa e originale. La scultura non è più collocata nella sua nicchia del Castello Normanno e al posto del piccone con cui è intento a colpire la roccia, tiene in mano un pennello da intingere nella boccetta di inchiostro di china Pelikan, su cui poggia. Un disegno che è diventato il logo di una storica cartolibreria di piazza Matteotti a cui lo stesso Spadanuda collega tenere memorie d’infanzia.

Gli strappi in omaggio a Mimmo Rotella, inventore del decollàge, inseriti nella grafica della rassegna “A farla amare comincia tu” non sono solo una citazione artistica. C’è un messaggio sottostante che cerca di trasmettere: il filo che lega l’artista alla sua città natale non è sempre evidente, delle volte lo è solo a tratti, altre volte si spezza per poi riannodarsi con più forza. Un legame che Simonluca Spadanuda non sempre tende a esplicitare nella sua arte, seppure l’influenza dell’ambiente in cui ha fatto le prime sperimentazioni creative è stata determinante.

Era uno studente del Liceo Scientifico quando inizia a disegnare le copertine per demo o audiocassette con l’interesse per la musica a fare da collante: “Con i miei amici ci esprimevamo con il rap a “stile libero” e realizzavamo graffiti. C’è stato un periodo in cui andavamo in giro di notte a disegnare sulle littorine o sui muri dei quartieri. All’epoca non c’era internet e noi adolescenti potevamo comunicare e influenzarci a vicenda con questi strumenti” ci racconta Simonluca Spadanuda in un pomeriggio soleggiato di fine estate.
Ci accoglie nel suo studio in via Cortese, nelle vicinanze del Parco della Biodiversità, dove trascorre le sue giornate a comporre nuovi progetti sulla carta o sullo schermo della sua lavagna luminosa. “Adesso siamo tutti connessi e con la rete è più facile captare lo stile che ci piace e trarne ispirazione – prosegue consegnandoci un’istantanea della scena hip hop degli anni Novanta –. Durante la mia adolescenza ci si incontrava, si faceva free style. Era la vita di strada. Al tempo erano diffuse le fanzine che testimoniano come ogni città avesse un proprio stile di dipingere. Le contaminazioni avvenivano solo per la vicinanza geografica a differenza di quello che succede oggi con il web che mette in comunicazione tutti, contemporaneamente, nella stessa piazza”.

Sugli scaffali della sua libreria ci sono libri sul Graphic Storytelling, che spiegano come le immagini lavorano in sequenza e come il tempo viene scandito sulla pagina. Accanto c’è un volume sulla tecnica ad acquarello e anche uno di Anatomia. Poi svariati manuali per esercitarsi su specifiche illustrazioni. Fa tutto parte del suo “anti-specialismo”: “La mia poliedricità artistica suscita spesso confusione in chi non mi conosce” ci confessa. In effetti non è per nulla facile collocare Simonluca Spadanuda all’interno di una categoria o ricondurre la sua produzione artistica a un solo genere. Ci sono le illustrazioni, le grafiche pubblicitarie, i fumetti come risultato di un percorso che non ha seguito tappe troppo convenzionali. Perché la sua naturale propensione per l’arte che è emersa fin dall’infanzia, non è stata supportata dalla classica formazione scolastica e accademica. Così all’artista catanzarese è servito uno sforzo considerevole per trasformare delle lacune tecniche, se così si possono definire, in opportunità di sperimentazione, di ricerca e di studio.
“Da bambino mi piaceva disegnare e il primo regalo che ho chiesto a Babbo Natale è stato un kit di colori. Sognavo a occhi aperti ogni volta che andavamo a fare visita ai miei zii che vivevano in una casa-museo a Lanciano, paese d’origine della mia nonna”, ci svela pescando tra i cassetti dei ricordi. Il mondo che tanto incantava Simonluca era quello del pittore surrealista Floraspe Renzetti e delle sue opere.

A 12 anni durante un viaggio in America visitò il reparto artistico della King Features Syndicate (società statunitense distributrice di strisce a fumetti, colonne editoriali e giochi a oltre cinquemila quotidiani in tutto il mondo), dove lavorava sua cugina, accarezzando la proposta di restare lì a frequentare la scuola di fumetto. I genitori però decisero di farlo rientrare in Italia e all’inizio dell’anno scolastico si ritrovò tra i banchi di scuola del Liceo Scientifico di Catanzaro. Con il diploma in tasca, intraprese gli studi in Architettura a Milano: “Dopo aver sostenuto quattro esami ho capito che non era la mia strada. C’era un aspetto pragmatico su cui basare la progettazione che mi spaventava. Quegli studi mi hanno permesso però di apprendere l’esercizio del disegno che non è fine a se stesso” ci spiega.
Agli anni nel capoluogo lombardo ci sono aggiunte le esperienze a New York, a Bologna, in Liguria a Bussana Vecchia, una frazione del comune di Sanremo conosciuto come il “villaggio degli artisti”, a Maratea. Rientrato a Catanzaro da 10 anni per collaborare con un gruppo di ragazzi alle prese con l’avvio di una start-up digitale, non ha ancora ricomposto la valigia per ripartire. “Per adesso ho trovato un equilibrio che mi consente di cogliere il bello di stare al Sud”.

Ha attive collaborazioni con numerose riviste, tra cui la Settimana Enigmistica e nell’ultimo anno ha messo la sua impronta su diverse iniziative cittadine tra cui il Nuvola Comics, Giardini d’Arte, Scalin’Arte. “È vero che ogni mio disegno è un progetto, ideato sulla base dell’applicazione da farne: per un poster, per un’etichetta, per una copertina di un disco. Ed è altrettanto vero che la partecipazione alle attività culturali della città si alimentano di un fuoco comune. Funziona come nella pesca: se tu butti la pastura, poi arrivano i pesci. E qui, in questo momento storico, si percepisce il bisogno di fare cultura e di cibarsi di cultura”.
Il viaggio alla ricerca di nuove soluzioni visive continua: il pensiero fuori dagli schemi e libero da canoni statici, resta la forza motrice della sua creatività in espansione. Lo affascina l’idea di sviluppare un progetto esclusivo con il fumetto e il suo personaggio “StereoType - The Last Superhero Rebel”.
E le sfide che lo attendono sono ancora tante per dare spazio a tutte le sue abilità creative.
“Un po’ mi distraggo e un po’ non mi annoio mai” è la frase che ci resta impressa in mente quando andiamo via dal suo studio. Ancora oggi continuiamo a ripeterla.

Rosita Mercatante per Area Teatro - Catanzaro