Oltre trenta opere compongono un racconto cupo che trasmette senso di angoscia, isolamento e frustrazione fino ad arrivare a un finale lieve e mite che si apre alla speranza
L’arte può fare molto rumore al punto da riuscire a dare voce a chi non ne ha, oppure a chi ce l’ha ma vive in un silenzio senza tempo. Succede ogni qualvolta si convince ad abbandonare la torre d’avorio dell’autocompiacimento e si ripresenta al mondo per farsi testimone di esigenze, di soprusi e di ingiustizie. È il momento in cui decide di schierare teste, mani e cuori al servizio della società. Diventa, dunque, arte militante. Un concetto che la federazione calabrese del Fronte Comunista tenta di rilanciare con la proposta di un evento espositivo dal titolo “Eco dell’invisibile. I ritratti dell’oppressione” che il prossimo 30 settembre arriverà nelle sale dell’Ex Stac, in piazza Matteotti, a Catanzaro, dove a fare da sfondo c’è “Il Cavatore” di Giuseppe Rito, la statua iconica del capoluogo e potente simbolo della fatica e della resistenza della classe operaia.
La mostra collettiva di arte contemporanea si snoda in un percorso di oltre trenta opere di diverso genere - dalla scultura alla fotografia, dalla pittura alle performance video – e rimette al centro il tema dello sfruttamento del lavoro.
Ogni singola storia di sofferenza, di instabilità, di rinuncia, di sottomissione, di impotenza, di rabbia e di rivalsa si scioglie nella trama di un unico racconto.
“L’obiettivo principale è uscire dalla dimensione individualistica dell’arte per riconoscere ad essa una valenza più nobile ossia quella collettiva, dove le istanze del singolo rappresentate nelle opere possono rientrare in un’ottica sociale” spiega Domenico Cortese, responsabile della federazione regionale del Fronte Comunista presentandoci in anteprima l’iniziativa. “Mettere insieme le espressioni del singolo artista sulle condizioni dei lavoratori, significa stimolare il passaggio dalla disperazione individuale alla presa di coscienza collettiva che necessariamente diventa lotta di classe” sottolinea ancora Cortese.
Ecco che l’espressione artistica, oltre essere il prodotto di un’ispirazione che deriva o riflette un’esperienza personale, viene inserita in una cornice più complessa e articolata, che calamita l’interesse generale e in cui le diverse soggettività riscoprono di avere un senso politico. L’eco prodotto dall’arte diventa un persuasivo strumenti per richiamare alla partecipazione.
Il Fronte Comunista ha visto in questa mostra l’opportunità di sollevare il dibattito su questioni sociali per cui si è sempre battuto, come la tutela dei diritti sul lavoro o delle categorie sociali a rischio e il ridare dignità ai lavoratori dimenticati da un sistema che li rende semplici numeri e dei mezzi per ottenere profitto. Le opere esposte diventano portavoce di rivendicazione e di speranza per chi sta affrontando momenti di difficoltà e di sacrificio: “In Calabria abbiamo esempi emblematici – riporta Domenico Cortese – come la condizione degli stagionali del turismo che hanno tutele minori anche rispetto a quelle previste dai contratti a tempo determinato. E poi ci sono i tirocinanti della Pubblica amministrazione, gli operai del Porto di Gioia Tauro, i lavoratori licenziati dalle compagnie di call center e dalle linee di trasporto private, gli operai edili senza contratto regolare, i braccianti. Quest’ultima è una categoria su cui regna il silenzio assordante perché si tratta di soggetti molto ricattabili. La loro voce è completamente soffocata anche in questa circostanza non potrà unirsi a quella degli altri precari e sfruttati che racconteranno la loro storia”.
Tra attivismo politico e denuncia sociale, il percorso che i diversi artisti hanno scelto di perseguire porta a galla da un lato il senso di privazione e di oppressione dei lavoratori, figli dell’alienante solitudine prodotta dalla società attuale; dall’altro un’indagine introspettiva che mette al centro la figura umana. Questa nel timore di scomparire schiacciata dal peso del dolore e della sofferenza, cerca redenzione in un’indagine profonda nella memoria personale e collettiva. Così all’arte viene richiesto di spezzare i ritmi dettati dal moto perpetuo del consumismo per la costruzione di una nuova umanità dove chi è rimasto per tutto questo tempo invisibile riacquisisce piena coscienza della sua presenza nel mondo.
“Il racconto è cupo, a tratti desolante e riesce a trasmettere al visitatore il senso di angoscia e di smarrimento che sul finale si affievolisce e lascia spazio alla speranza” spiega Eva Fruci curatrice della mostra. Un omino in bronzo è intento a sollevare un peso con la schiena incurvata. Un’opera di dimensioni modeste con cui lo scultore Nelson Carrilho documenta il duro sfruttamento lavorativo perpetrato dagli europei ai danni dei nativi americani. Questa è una tra le opere più significative dell’esposizione dove trovano spazio anche quelle dal titolo “Sacrificio” e “Povero Cristo”: la prima è di Erica Roberti che racconta il duro lavoro svolto da molte persone senza contratto, a cui lei tenta di dare voce. L’altra porta la firma di Marika Mazzeo ed è una severa denuncia dei tanti martiri del lavoro. E ancora la denuncia sociale riaffiora in modo poetico nell’opera Corpi irregolari di Grazia Salierno, dove figure dal volto indefinito vengono descritte mentre raccolgono il seminato delle piantagioni. L’uso dell’acquerello tratteggia persone in perenne instabilità, alla costante ricerca di una speranza futura. Gli altri argomenti trattati dalle altre creazioni sono la dignità lavorativa della donna, il lavoro minorile e l’infanzia negata, l’emigrazione.
A migliorare l’esperienza di navigazione tra le opere ci saranno i testi descrittivi a cura di Giuseppe Antonio Bagnato consultabili tramite scansione di un codice QR.
Nell’ultima parte del percorso trovano spazio alcuni lavori di Paolo Pancari Doria, tra cui un’opera inedita e mai pubblicata che verrà illustrata da Francesco A. Cuteri, archeologo e docente dell’ABA di Catanzaro. Pancari si è sempre distinto per la sua ricerca sull’intimo rapporto che lega corpo e mente.
“L’intreccio di storie così diverse tra loro e risalenti a svariati periodi storici, serve a fornire un panorama completo sul concetto di ‘uomo invisibile’, attraverso storie personali, esperienze di vita e aspetti psicologici. Seppur questi racconti siano personali, finiscono per diventare specchio dell’intera umanità” conclude Fruci.
L’inaugurazione della mostra è fissata per lunedì 30 settembre alle ore 18 e resterà aperta al pubblico fino al 3 ottobre (dalle ore 18 alle 20).
Rosita Mercatante per Area Teatro - Catanzaro Centro