Se l’area Porto di Catanzaro Marina è ormai consacrata alla kermesse del Magna Graecia Film Festival MGFF, con un pubblico eterogeneo forse più interessato ai personaggi che ai film, è al centro storico, nel suggestivo chiostro del Complesso Monumentale del San Giovanni, che si misura l’effettivo impatto del Festival sugli appassionati del grande schermo. E domenica sera la risposta del pubblico, in occasione della proiezione dei documentari, è stata piena ed entusiasta.

Primo protagonista della serata un giovane e visibilmente emozionato Domenico Lagano intervistato da Domenico Iozzo prima della visione del suo breve saggio per immagini sul fenomeno, sociale prima che edilizio, del “non finito calabrese”.

L’autore di “Oh rovina” per analizzare il tema si è avvalso del contributo dello scrittore Gioacchino criaco, di Francesco Lesce, di Carlo Borgomeo e del fotografo Angelo Maggio (presente in sala) che ha dedicato un’apprezzata ricerca fotografica ultraventennale al non finito, vedendo artististicamente per primo ciò che era sotto gli occhi di tutti.

Il breve documentario era alla sua prima proiezione, ma per chi lo avesse perso, oltre ad essere già disponibile sul web, segnaliamo che sarà presentato prossimamente in altre occasioni, la prima delle quali a Soverato, il 9 Agosto, presso lo spazio Ex Comac.

Spazio poi al documentario candidato per la sezione Opere prime e seconde internazionali del MGFF 2023: “Waorani - Guardians of the Amazon” di Luisana Carcelén.

Dedicato a una tribù indigena che vive in Ecuador nella foresta dell’Amazzonia, il documentario ripercorre gli ultimi decenni di questo popolo, dai primi contatti con gli evangelizzatori, alle guerre interne, ai tentativi dell’industria petrolifera di appropriarsi delle risorse del territorio, fino alla vincita di una causa legale contro il governo. Un’epopea tristemente simile a tutti i popoli nativi che hanno subito saccheggi e “contaminazione culturale forzosa” in nome di interessi economici il cui impatto ambientale si è dimostrato devastante.

Molto interessante lo sguardo femminile che evidenzia il ruolo principale delle donne Waorani capaci di interpretare con coraggio e determinazione lo spirito guerriero, facendogli assumere forme inaspettate: dalla lancia alla rappresentanza legale per difendere con efficacia territorio, diritti e futuro.

Una bella serata, apprezzata dal pubblico presente, e connotata da un filo sottile che collega le due opere, assolutamente diverse, ma accomunate da tematiche simili: false promesse, illusioni di sviluppo, parodia della modernità, uso della violenza sulle comunità e sui territori, devastazione ambientale, colonizzazione economica e culturale, resilienza e desiderio di rivalsa.