Napoli, 17 aprile 1967, al tg nazionale annunciano la morte del Principe della Risata: Totò. 

Le immagini del funerale scorrono… la folla, un corteo funebre interminabile … poi la concitazione, l’incredulità urlata, il miracolo è avvenuto: “è lui, è vivo, è proprio Totò, è resuscitato!”

In realtà, l’uomo protagonista di così tanta attenzione è Dino, al secolo Osvaldo Natale, la controfigura ufficiale del più famoso Totò, mai salito alle luci della ribalta perché vissuto all’ombra del grande attore napoletano. Sarà una giornalista, l’insistente e tenace Rosa Spadafora del Messagero, a fiutare lo scoop e a seguire fino a casa lo stuntman, convincendolo a narrare, nonostante gli accordi di riservatezza presi con Diana Bandini (la moglie di Totò), la vita dell’artista napoletano attraverso aneddoti e ricordi: potremmo quasi definirla una biografia inedita e non autorizzata del percorso artistico e privato di Antonio De Curtis.

Ne emerge una personalità dalle tante sfaccettature, un personaggio diverso da quello conosciuto al grande pubblico: un po' ingrato, non sempre altruista, amante infedele ma al contempo geloso e possessivo, un uomo incapace di percepire il malessere della sua bellissima e giovane amante, Liliana Castagnola, un uomo abituato a pretendere, quasi mai a chiedere.

Ma Rosa Spadafora è brava e riesce a far affiorare anche i veri sentimenti di Osvaldo, tutto ciò che ha tenuto nascosto per 20 anni: le frustrazioni, la rabbia, le delusioni, le sue debolezze, l’amarezza e la sofferenza per l’incapacità di trasformarsi nella persona che vorrebbe essere, ma che non è e probabilmente mai sarà. 

Nel bel mezzo del racconto irrompono prima Diana, poi Liliana (entrambe interpretate da Vera Dragone) che racconteranno dei loro amori tormentati con il Principe De Curtis, dei suoi numerosi tradimenti, della sua gelosia ossessiva. Proveranno a scusarlo, a giustificarlo raccontandosi improbabili alibi, tutto pur di tutelarne la memoria.

Eppure questo trambusto ha giovato a Dino che ha, finalmente, assaporato la visibilità, il sapore dell'essere protagonista … certo, ora che Totò non c’è più potrà finalmente veder avverato il suo sogno di fama e di successo … o forse no, non può, perchè Rosa, Liliana, Diana … sono una lunga, avvincente intervista immaginaria frutto della sua fantasia …ora sì, cala il sipario.

Della qualità della serata si era intuito sin dall’accoglienza che ha preceduto lo spettacolo, quando nel foyer del Teatro Comunale gli spettatori sono stati avvolti dalla meravigliosa voce di Maria Tramontana che, accompagnata dal musicista Vittorio Viscomi, è stata bravissima interprete dei grandi classici della musica napoletana. 

Poi in platea, a godere dello spettacolo diretto da Stefano Reali e interpretato da tre attori italiani di grande talento e spessore.

Yary Gagliucci, volto noto del cinema e della televisione italiana, ha ben raffigurato la frustrazione di Dino, il suo senso di fallimento, la consapevolezza di non aver avuto la giusta fiducia nel proprio talento. Molto apprezzato anche nell’imitazione del personaggio pubblico Totò: una sua personale interpretazione e non una, più facile ma banale, imitazione.

Sul palco insieme a lui sin dalle prime battute Annalisa Favetti, anche lei una habitué della tv italiana, brillante nel ruolo della giornalista incalzante, della reporter d’assalto certa di aver trovato lo sccop della sua vita; altrettanto credibile nella raffigurazione della malinconica professionista precaria, costretta a raggiungere compromessi a lei sgraditi, stanca di essere superata da gente mediocre e senza talento. 

La terza protagonista della pièce teatrale dedicata al grande Totò compare a metà spettacolo: è bellissima, affascina la platea con la sua presenza scenica, incanta con la sua voce calda, potente, limpida, sorprende con la sua estensione vocale e la capacità, non così scontata, di modularla in maniera eccellente. 

E’ Vera Dragone, eclettica artista catanzarese di nascita, romana di adozione. Forse perché immersa da sempre in un contesto artistico (il grande Vittorio De Seta è suo nonno), forse semplicemente un dono della vita, ma dalla danza al canto alla recitazione dimostra un talento fuori dal comune, rivelandosi oltretutto un’icona controcorrente perché bella e naturalmente talentuosa si, ma anche professionista severa e preparata.

Uno spettacolo che ha raccolto il consenso unanime ed entusiasta della platea e che conferma, ancora una volta, la validità della Stagione Teatrale organizzata da AMA Calabria

(Multi Cunti per Area Teatro - Catanzaro Centro)