Conclusa da qualche giorno la terza edizione di "A farla amare...", proviamo a tracciare un bilancio della rassegna concentrandoci sull'impatto immediato e su ciò che resterà alla Città, in termini di suggestioni e pratiche.
La prima costante che ha caratterizzato, a nostro avviso positivamente, le scelte della direzione artistica di Antonio Pascuzzo è l'utilizzo, a volte inedito, dei luoghi della Città. A iniziare proprio dal Chiostro della Procura, inaugurato dalla formazione di Pascuzzo: Rossoantico.
Per proseguire con la Chiesa del Monte, teatro dell'esibizione della Banda Osiris; la Basilica dell'Immacolata scenario dei concerti evento di Capossela e Bersani; il bellissimo Oratorio della Chiesa del Carmine utilizzato per il concerto, intimo e suggestivo, di Francesco Forni; la Villa Trieste (con le band locali e la performance finale di Eman) e lo stesso Nuovo Supercinema che ha ospitato uno straordinario concerto di Gnut & Sollo e successivamente quello di Francesca Prestia e Carlo Muratori, rivelandosi la bomboniera ideale del Centro Storico per questo genere di spettacoli.
E ancora Corso Mazzini, i Giardini di San Leonardo, Parco Gaslini e altri luoghi nella Marina di Catanzaro, fino al "trekking artistico" della Nakalaika che ha colpito il cuore dei partecipanti attraversando quello della Città.
Tanti luoghi, tanti artisti. Tutte performance di indubbia qualità, ma nessuna ci ha emozionato come quella di cui è stata protagonista Claudia/Rachele Olivadese che ha fatto riapparire il fantasma della giovane De Nobili, proprio nel Palazzo da cui tutto ha avuto inizio e che oggi ospita il Comune e rappresenta quindi la Città.
Un momento intenso e commovente che ha confermato la bravura degli interpreti e il talento di Franco Corapi.
La perfetta sintesi della rassegna, il suo evento simbolo: il Luogo, gli Artisti, la Storia; tutto profondamente catanzarese. Identità priva di provincialismo, che è ciò che tutti noi cerchiamo anche quando, da turisti, vogliamo conoscere l'essenza di un territorio.
Questo ci porta ad un altro punto a favore delle scelte effettuate dalla direzione artistica: l'equilibrio tra proposte locali e nomi della scena nazionale. Unico discrimine lo spessore dei singoli artisti e la loro convergenza sull'idea progettuale per assicurare un format omogeneo, legato al territorio e dotato di carattere distintivo per emergere nel panorama ipertrofico delle rassegne.
Se poi c'è stata qualche pecca organizzativa bisogna, senza essere ingenerosi, anche considerare il tempo veramente esiguo concesso a chi ha avuto l'incarico di progettare, definire e realizzare l'intera kermesse.
Un format che segna una staffetta tra la precedente amministrazione, che ha avuto il merito di inaugurare la rassegna, individuando e dando fiducia a chi l'ha realizzata, e la successiva che l'ha ripescata e riproposta.
L'unica domanda che ci poniamo è: perché siamo solo alla terza edizione?
Questa incapacità di consolidare le iniziative di spessore, realizzate con fondi pubblici, non è nuova ed è il vero vulnus della politica (quasi tutta) che spesso dimentica che le rassegne sono patrimonio della collettività e non delle amministrazioni e/o dei singoli assessori.
Un patrimonio che va preservato, eventualmente migliorato, e consegnato con le sue potenzialità e la sua “storicità” (elemento decisivo per accedere ai finanziamenti di alcuni bandi regionali) a chi succederà in futuro.
Altre rassegne sono state depotenziate, se non addirittura cancellate, per non lasciare traccia dell’intuizione e dell’operato delle precedenti amministrazioni, costituendo a nostro avviso un danno per la collettività.
Ma questa è un'altra storia e oggi abbiamo solo voglia di iniziare l'anno con l'eco della musica d'autore che ci ha deliziato in queste feste.
E quindi ispiriamoci a “Ricomincio da tre”.