L'istallazione di Antonio Pujia Veneziano realizzata per coronare le torri dell'antica Giudecca di Bova, la serie di sette vasi in ceramica che nelle loro forme richiamano i punti apicali della Menorah, il candelabro a sette braccia simbolo della cultura ebraica anticamente destinato a contenere gli oli e le essenze, si tingono dei colori delle ceramiche di Seminara e si materializzano proprio in uno dei forni della cittadina della piana di Gioia Tauro perché vogliono parlarci di una cultura fortemente legata al nostro territorio. La Calabria conserva, infatti, tantissime testimonianze degli antichi insediamenti ebraici, soprattutto nell'area grecanica, dove dal 2015 l'Artista concentra la sua ricerca diventando quasi un conterraneo della gente che abita questi luoghi, da cui cerca di assorbire tutto, racconti e memorie di origini, costumi e tradizioni, per portare avanti insieme al direttore del Museo della Lingua Greco-Calabra “Gerhard Rohlfs”, Pasquale Faenza, un'opera di recupero e valorizzazione dell'area, risemantizzandola, ovvero dando nuovo significato a questi luoghi. 

"Pirgos. Ceramiche parlanti", installazione acquisita e integrata nella sezione urbana del Museo "Gerhard Rohlfs" di Bova, giunge al Complesso Monumentale del San Giovanni per creare un collegamento con la storia della cultura ebraica in Calabria grazie all'intuizione di Domenico Piraina, direttore artistico di Palazzo Reale e dei Musei Scientifici del Comune di Milano, nonché curatore della mostra "Chagall. La Bibbia", promossa dal Comune di Catanzaro e Arhemisia, con il patrocinio della Provincia e il contributo della Fondazione Cultura e Arte, ente strumentale della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, e con il supporto di 4Culture Srls, che raccoglie un corpo di centosettanta opere grafiche del grande artista russo, una originale narrazione degli episodi biblici, realizzata a partire dal 1930 su richiesta dell’editore e gallerista Ambroise Vollard, che porta in scena la storia di uomini e figure della sua infanzia, creature che mantengono un legame con la vita reale, tanto vicina all'esperienza di vita di Chagall, nato e cresciuto in uno dei villaggi in cui venivano confinati i russi di origine ebrea. Una grande mostra corredata da un ampio apparato didattico sui temi chagalliani e biblici, sull'ebraismo in Calabria e sulle influenze dell'arte ebraica sulla cultura contemporanea. Nell'ultima sala del percorso espositivo, introdotta dai pannelli divulgativi curati dall'archeologo Pasquale Faenza, troviamo gli artisti Max Marra e Antonio Pujia Veneziano che restituiscono attraverso due diverse espressioni artistiche, la ceramica e la pittura, le tragiche immagini della Shoah da una parte, nella serie di Marra, e i simboli della cultura ebraica dall'altra, nella reinterpretazione della Menorah di Pujia Veneziano.  

 

"Pirgos. Ceramiche parlanti", racconta la storia della cultura ebraica che si contamina con quella dell'area grecanica calabrese attraverso simboli e rituali, che si manifestano in rilievo sulla ceramica, dipinta con una gamma cromatica che si allontana dal rigore della rappresentazione classica dei temi che rimandano alle vicissitudini del popolo ebraico, ma abbraccia anche una visione gioiosa in cui si manifestano elementi della corrente dell'arte informale, vicina a Pujia Veneziano, nelle infinite possibilità offerte dalla colature di colore che disegnano la superficie dei vasi, donando a ciascuno una vita propria, nel tempo e nello spazio. I simboli della Menorah, dello Shofar e della Stella di David, insieme al melograno, si contaminano con alcune immagini di rituali tipici dell'area grecanica, perché, come dice Antonio Pujia Veneziano, l’artista non è altro che una spugna, assorbe tutto quello che ha intorno, lo sintetizza e lo concretizza, e quindi si inseriscono elementi che rimandano ad una delle tradizioni che continuano a svolgersi ancora oggi a Bova nella settimana di Pasqua, figure che rappresentano l’intreccio delle palme e dei rami di ulivo su cui vengono inserite le primizie della terra chiamate 'pupazze', che vengono portate in processione e benedette, un rito pagano legato al mito di Persefone, un’evocazione della Primavera che sta per arrivare. In ogni vaso compaiono anche i simboli dei quattro elementi, terra, fuoco, acqua e aria, che si ritrovano come espressione di unità nella Stella di David, unione dei vertici dei due triangoli, che vengono richiamati attraverso elementi figurativi disseminati sulle superfici, insieme ad altri che nell'intento dell'artista, quasi fossero stelle del firmamento, conferiscono all'opera tutta una spazialità, mentre alle estremità dei vasi si ritrovano come dei rami incrociati, congiunzioni che rimandano all'elemento del fuoco, della scintilla, per stabilire un punto di riferimento nello spazio e anche nel tempo. Le Ceramiche parlanti, come afferma Pujia Veneziano, vogliono comunicarci che il luogo ha una presenza viva, e ogni vaso, scoccando le dita, emette un suono, una tonalità, parla di una storia che ha un tempo e uno spazio.   

 

Il primo intervento di Antonio Pujia Veneziano a Bova, documentato nel volume edito da Rubbettino dal titolo "Conterraneo. Memoria identitaria e poetica dei luoghi" ha reso protagonisti gli abitanti del posto che insieme all'artista hanno partecipato alla ricostruzione della storia del luogo dando vita ad una grande manifestazione di arte pubblica che si è concretizzata nel recupero fisico della terra di ciascuna zona che compone l'area grecanica di Bova, una zona ricca di storia in cui si ritrovano tantissime testimonianze della cultura ebraica, tra cui quella del paese di origine dell'artista, Monterosso Calabro, e Bova Marina dove si conserva l’unica sinagoga del Sud Italia, tanto da richiamare il consenso dalla comunità internazionale, con la lettera della comunità ebraica di New York e la visita di una rappresentante alla Giudecca di Bova. Da qui, partendo dalla descrizione dello storico Domenico Alagna che descrive il luogo chiamato Pirgos, dal greco torri, l'artista insieme al direttore del Museo della Lingua Greco Calabra Pasquale Faenza, hanno estrapolato delle frasi che raccontano della venuta e della cacciata degli ebrei, rielaborate nell’area dove si trovano i resti della Giudecca attraverso delle iscrizioni a spirale su una serie tondi di ceramica, prima elaborazione e realizzazione di quella che poi sarà "Pirgos. Ceramiche Parlanti", in cui si condensa anche la memoria collettiva attraverso il racconto degli abitanti, e in cui Pujia Veneziano mette in campo il suo approccio relazionale con le comunità e con i gruppi, per ascoltare e poi restituire con i suoi interventi artistici parte della loro storia. 

 

BIOGRAFIA

La pittura d’avanguardia, unitamente ad uno sviluppo espressivo legato all’esperienza ceramica, è il tratto distintivo della sua opera che da un linguaggio di matrice segnico-gestuale si è evoluta verso una dimensione più essenziale e minimale, affrontando ambiti socialmente aperti. Già titolare di cattedra nei Licei Artistici Statali, Pujia Veneziano ha maturato un prezioso curriculum espositivo. Il suo percorso artistico più consapevole, inizia con le personali: Innocenza Semantica (Magazzini Voltaire, Lamezia T. 1986) e Senza Titolo (Centro Di Sarro, Roma 1987), presentate rispettivamente da T. Sicoli e da B. Tosi. Seguiranno: Segnopittura (Roma, 1989); Orizzontiverticali (Francavilla al Mare 1990); Protosegni (Milano 1991); Il Cielo della Pittura (Milano, 1991); Cronospazio (Chiostro di S. Giovanni, Orvieto 1993); You get what you see (Campobasso, Spoleto e Roma-1994). Nel 1992 gli viene assegnata la Borsa di Studio per le Arti Visive - Progetto Internazionale Civitella D’Agliano, partecipando alle Residenze d’Artista riservate agli artisti europei. Nel 1997, con la mostra Arte in Calabria 1960-2000, un’opera è acquisita dal MAON - Museo d’Arte dell’Otto e Novecento, Rende. Si occupa assiduamente di didattica dell’arte e nel 2008 su invito del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza ha preso parte in qualità di relatore alle giornate di studio sulla Metodologia di B. Munari. Nel 2006 l’opera in ceramica realizzata per il progetto “Un Muro di Storia”, curato da T. Coltellaro, viene collocata nel Centro Storico di Lamezia Terme. Tra le mostre più recenti: Across The Space Across The Time (Museo Civico Dei Brettii e degli Enotri, Cosenza 2012); 54a Biennale di Venezia, Padiglione Italia (Villa Genoese Zerbi, Reggio C. -2011); La Formazione dell'Uno, (Galleria Nazionale, Cosenza -2011); Premio Internazionale Limen Arte (Palazzo Gagliardi, Vibo Valentia 2011); Il Quarto Re, (Chiesetta di Sant’Omobono, Catanzaro 2010). Sempre nel 2010, è invitato alle rassegne Tornare@Itaca (Museo Civico Dei Brettii e degli Enotri di Cosenza - Fondazione Mudima e Biblioteca Sormani, Milano. Nel 2009: Sull’Identità (Museo di Porta S. Paolo, Roma) e “Il Valore dell’arte. Arte come Valore” (Palazzo Lancellotti, Roma); 13 x 17 Padiglione Italia, rassegna itinerante a cura di P. Daverio e Jean Blanchart -2007.